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La prima e la seconda parte della Pharsalia (Lucano)

La prima e la seconda parte della Pharsalia (Lucano)


Esposizione dell’argomento del poema: bella plus civilia guerre ancora più che civili, guerre empie e sanguinolente. Lucano sottolinea il nuovo spargimento di sangue fraterno, un inestinguibile processo sacrificale che ha avuto inizio con la fondazione di Roma, con Romolo e Remo. Quel primo spargimento di sangue ha consacrato una terra che da quel giorno è votata a periodici tributi di sangue. Segue l’elogio di Nerone che, per i suoi toni eccessivamente edulcorati, ha fatto pensare ad una velata presa in giro del poeta, tant’è vero che dopo di Nerone non si parlerà più (tranne un accenno nel libro VII riguardo il suo antenato Domizio Enobarbo). Segue la narrazione del passaggio del Rubicone da parte di Cesare e il terrore che si diffonde a Roma in seguito alla notizia e una serie di presagi annunciano la catastrofe incombente: un fulmine squarcia una quercia (anche Pascoli riprenderà il tema). Guarda caso Cesare era definito audax e veniva paragonato al fulmine; un fulmine che abbatte la quercia, la magnanimis umbra, Pompeo insomma. Pompeo è il difensore della libertà della Repubblica contro le mire imperialistiche di Cesare, belva assetata di sangue, primo di una lunga stirpe di despoti. L’attraversamento del rosso Rubicone segna l’inizio dell’empietà di Cesare: “qui lascio la pace e le leggi violate e vado dietro a te, o Fortuna; ormai non si parli più di accordi. Ci siamo affidati ai fati: rimettiamoci al giudizio della guerra”. In un atmosfera da incubo notturno Cesare si ritrova di fronte una donna, una donna distrutta da un lutto dolorosissimo, porta una corona turrita, è la Patria. La Patria, che pur stanca ed esanime, si leva terribile con le parole e con i gesti contro l’invasore. Ma Cesare, dapprima inorridito e spaventato, si lancia come un leone feroce al di là del fiume, deciso a portare la guerra a Roma. Inizia qui la macabra investitura del futuro dittatore, obiettivo: distruggere la patria e assoggettarla ai suoi voleri. È evidente il confronto con l’Eneide di Virgilio. L’investitura di Cesare è la versione diametralmente opposta di quella di Enea. Il maestissimus Ettore consacra il pio Enea come eroe del riscatto; la maestissima Patria consacra l’empio Cesare come antieroe della distruzione.
    
Riassunto della seconda parte.
    
I Romani si lamentano del conflitto imminente: ricordando lo scontro tra Mario e Silla comprendono quanto questa guerra sarà più distruttiva della precedente. Bruto e Catone di notte discutono sull’opportunità di lasciar scorrere i fatti, tanto o l’uno o l’altro poco cambierebbe, o di schierarsi con Pompeo per tentare di convincerlo. Alla fine si decide per questa seconda posizione. Catone è il saggio che si batte per la libertà, che comprende l’invidia del fato per la grandezza di Roma e i limiti della provvidenza stoica.  Pompeo fugge dall’Italia.

Tratto da LINGUA E LETTERATURA LATINA di Gherardo Fabretti
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