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La dominazione ottomana in Grecia


A)L’organizzazione della nazione (1300-1715)
Le conquiste dei turchi ottomani ebbero inizio molto prima della conquista di Costantinopoli. Tra il 1301 e il 1337, data della presa di Nicomedia,  l’intera Asia minore cadde sotto il loro potere. Approfittando dello stato di crisi dell’impero bizantino e delle guerre civili sotto l’imperatore Cantacuzeno, i turchi prendono Gallipoli nel 1334 e conquistano per gradi i Balcani. La Tracia, la Macedonia, la Tessaglia, l’Epiro cadono successivamente nelle loro mani. Nel 1362 essi si impossessano di Adrianopoli che diviene la prima capitale dell’impero ottomano; nel 1430, di Giannina e di Salonicco. Gli Stati serbo e bulgaro subiscono la stessa sorte. Due crociate occidentali organizzate dal papa non ebbero risultato. Gli eserciti dei crociati furono annientati nelle battaglie di Nicopoli (1396) e di Varna (1444). Costantinopoli capitolò nel 1453 dopo una resistenza di oltre due mesi. Genova e Venezia, le potenze più interessate, preferirono farsi accordare dei privilegi commerciali nell’impero ottomano piuttosto che mettersi in guerra contro di esso. I due grandi sultani del secolo XVI, Solimano il Magnifico (1520-1566) e Selim II (1566-1574), riuscirono a cacciare i Cavalieri dell’ospedale di San Giovanni, i veneziani e i genovesi da tutto il Mediterraneo orientale: Rodi (nel 1522), Chio (nel 1566), Cipro (1570-1), il ducato di Nasso con le Cicladi (1579) diventarono possedimenti turchi. Solo Creta restava ancora ai veneziani. Durante le guerre turco-venete, dal 1645 al 1715, i turchi completarono la conquista dei territori greci. Col trattato di Karlovitz (1699), che poneva fine alla prima di queste lunghe guerre, i turchi occupavano definitivamente Creta, che avevano cominciato a conquistare dal 1645, ma dovettero cedere ai veneziani il Peloponneso e l’isola di Egina, occupata da questi ultimi durante le operazioni del 1685-7. Questa occupazione del Peloponneso durò fino al 1715, quando i turchi riconquistarono definitivamente quella regione. Ai veneziani rimasero unicamente le isole Ionie.
La Grecia e gli altri paesi balcanici conquistati formarono un’unità amministrativa, l’eyalet della Rumelia che era diviso in sandjak. Parecchi di questi sandjak vengono riuniti più tardi in pashalik o vilayet, di numero variabile secondo le epoche (24 o 26 nel secolo XVII). Questi si dividono in kaza. Tutte queste circoscrizioni sono amministrate rispettivamente dai vali, dai pasha, dai subashi, assistiti dai loro divani composti di kadi e di altri funzionari turchi. Alcune regioni, date in appannaggio a diverse persone o a fondazioni religiose, dipendevano direttamente da titolari del beneficio ed erano amministrate dai voivodi nominati da loro.
Coloro che accettavano il dominio ottomano senza opporre resistenza potevano godere del diritto di vita, del diritto di proprietà e del libero esercizio del loro culto. La contropartita consisteva nell’obbligo di pagare un testatico, una specie di imposta fondiaria.
Invece, ogni terra conquistata con la forza cadeva in potestà del sultano, che la distribuiva, a prezzo di servizi, ai propri guerrieri, i ghazi, e ai dignitari dell’impero, a titolo di una sorta di feudo. Così in Asia, in Tracia, in Macedonia e in Tessaglia la maggior parte delle distese fertili passò ai turchi, o in piena proprietà (mulk), o col sistema del timar, secondo un complesso regime di proprietà condizionata. Un’altra parte delle terre fu data alle fondazioni religiose (vakuf). Le terre lasciate ai cristiani si limitavano alle regioni montagnose della Macedonia e della Tessaglia occidentale, dell’Epiro, alla Grecia continentale, al Peloponneso e alle isole. In quelle regioni dove la conquista arrivò più tardi, nelle quali i turchi già provvisti di terre erano poco numerosi, ai cristiani vennero lasciate anche fertili estensioni, e grandi proprietari greci entrarono a far parte della gerarchia turca. Inoltre, fin dall’inizio della conquista, i turchi lasciarono grandi monasteri ortodossi la maggior parte delle immense distese di terre di cui essi erano proprietari.
Dal canto suo, la Chiesa godeva di immunità fiscali; le prerogative e le attribuzioni giuridiche riguardanti il diritto civile, e specialmente il diritto di famiglia, che essa già esercitava sotto l’impero bizantino, erano conservate e addirittura aumentarle. Il patriarca di Costantinopoli impersonò non solo il capo nazionale (etnarca) dei greci, ma anche il capo religioso e politico di tutti i popoli ortodossi: in lui continuava così a sussistere l’idea dell’impero bizantino soppresso.

Tratto da LINGUA E LETTERATURA NEO-GRECA di Gabriella Galbiati
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