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La storia di Florio e Plaziaflora



In quasi 2mila versi non rimati è la storia di “Florio e Plaziaflora”.
Un cavaliere romano ha una moglie bellissima ma non ha figli e per questo chiede e ottiene l’intervento di San Giacomo. Per sciogliere il voto, il cavaliere e la moglie incinta si mettono in pellegrinaggio. Durante il viaggio sono aggrediti dai fedeli del re dei saraceni. Tutti sono uccisi, tranne la dama che la regina dei saraceni protegge per la sua bellezza. La dama rimasta vedova partorisce una bambina e lo stesso giorno la regina dà alla luce Florio. I due ragazzi crescono insieme e nasce anche l’amore tra loro. Ma il re non è d’accordo e manda Florio lontano. Però gli innamorati trovano il modo di comunicare tramite un anello. Se la sua gemma si offusca, Florio saprà che la fanciulla è in pericolo. Ma Plaziaflora viene venduta al mercato degli schiavi. Florio scopre che è in un castello, nel quale riesce ad introdursi e a trascorrere la notte con la sua amata. In seguito, riesce a provare al re del castello la discendenza reale e i due possono ritornare liberi a casa.
Alla base del racconto vi è la storia provenzale di “Flore et Blancheflor”, dalla quale deriva l’omonimo romanzo francese del secolo XIII,
Più esteso è invece il romanzo di “Libistro e Rodamne”. Qui il racconto è inserito in una cornice. Tornato in patria, Clitovo racconta a Mirtane, sua vecchia fiamma, la storia d’amore di Libistro. In un sentiero solitario Clitovo aveva incontrato un cavaliere melanconico. Cercò di apprendere la ragione della sua tristezza. Egli raccontò di essere il principe latino Libistro. Non conosceva l’amore, ma un giorno uccise un colomba e il suo compagno cadde morto accanto ad essa. Una sera in sogno, l’affetto e il desiderio lo condussero nel tempio di Amore, dove due donne, Giustizia e Verità, gli insegnarono che cosa sia amore. Come Beltrando, così Libistro apprende che è destinato a sposare Rodamne, figlia del re del castello d’Argento, che una cattiva maga gli avrebbe fatto perdere la sposa, che avrebbe errato per un anno e alla fine sarebbe divenuto re. Libistro partì alla ricerca della bella. Trova il castello, sposa Rodamne e diventa re. Durante una caccia, incontrano un mercante del Cairo, che offre loro un anello magico, Libistro se lo infila al dito e cade morto. I compagni gli tolgono l’anello, torna in sé ma Rodamne e il mercante sono già spariti. A questo punto, Libistro incontra Clitovo che lo aiuterà a ritrovare Rodamne che è stata rapita. Alla fine, Clitovo sposerà Melanzia, sorella di Rodamne, e vivranno tutti felici.
L’artificio e la complessità dell’intreccio rivelano l’età più tarda del romanzo, che si assegna al XIV secolo. Riecheggiano spunti e frasi della poesia popolare d’amore.
Semplice rifacimento di un originale francese è il componimento (306versi) del “Vecchio cavaliere”, che si assegna al XIII secolo. Si rimaneggia un episodio del romanzo di Artù e resta l’unico documento del ciclo della tavola rotonda nella letteratura neogreca. La lingua è arcaicizzante.
Altre opere dipendono da originali francesi, come la “Guerra della Troaede”. Si hanno anche due “Achilleidi” in versi, che ci presentano un Achille cavalleresco e innamorato. A parte il nome, il carme ha poco a che fare con Omero e non è esente da influssi occidentali.
In versi si possiede anche una storia medievale di Alessandro Magno. Il manoscritto è datato dal 1388. Se ne hanno anche altre redazioni, tra cui una in prosa.
Della “Teseide”, romanzo cavalleresco in ottave composto dal nostro Giovanni Boccaccio tra il 1339 e il 1340, si ebbe nel corso del secolo XV una versione neogreca in versi politici riuniti in ottave nelle quali soltanto l’ultima coppia di versi è rimata. La versione, poeticamente mediocre, segue da vicino l’originale e rappresenta il primo documento dell’influenza italiana sulla letteratura neogreca.
Tra l’epica e la cronaca si muove la narrazione, in 474versi politici senza rima, della “Battaglia di Varna”, nella quale Giovanni Huniady (1444) fu vinto dal sultano Murat II. L’oscuro poeta vi si rivela un testimone oculare dell’avvenimento, che ritrae con vivaci colori e interessanti particolari.
Sono di questo periodo certe storie di animali dove la zoologia è moralizzata e umanizzata, a scopo di ammaestramento e di satira. Alcune di esse sono soltanto rifacimento di trattazioni più antiche.
Un esempio è il “Fisiologo”, una sorta di zoologia popolare che vuole esporre le qualità, vere o credute tali e a volte fantastiche, degli animali.

Tratto da LINGUA E LETTERATURA NEO-GRECA di Gabriella Galbiati
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