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I consumatori e il carico fiscale futuro


I sostenitori dell’interpretazione tradizionale del debito pubblico ritengono che la prospettiva di una tassazione futura non abbia forte influenza sui consumi attuali, come invece ipotizza l’interpretazione ricardiana. Alcune delle loro interpretazioni sono:
Miopia: l’interpretazione ricardiana presume che gli individui siano informati e previdenti, e razionali nel prendere decisioni. Invece secondo l’interpretazione tradizionale, gli individui hanno la vista corta, anche perché non comprendono pienamente le implicazioni del disavanzo del bilancio pubblico; è possibile che alcuni individui seguano regole pratiche non completamente razionali nello stabilire quanto risparmiare.
I vincoli dell’indebitamento: l’interpretazione ricardiana si fonda sull’ipotesi che il consumatore definisca la propria spesa non solo in base  reddito attuale ma anche al reddito futuro atteso. Un vincolo all’indebitamento è un limite posto alla’ammontare di prestiti a cui può accedere il singolo attore economico. ogni individuo vorrebbe consumare di più, ma può farlo solo se ha la possibilità di indebitarsi. Se non può indebitarsi non può finanziare il consumo attuale; perciò il reddito corrente è la determinante della sua spesa indipendentemente dal suo reddito.
Le generazioni future: una terza argomentazione a favore dell’interpretazione tradizionale del debito pubblico è che il consumatore si aspetti che l’onere delle tasse implicite nell’indebitamento dello Stato non ricada su di lui, ma sulle generazioni future.
L’economista R. Barro ha invertito l’argomentazione, volgendola a favore dell’interpretazione ricardiana. Barro afferma che le generazioni future sono costituite dai figli e dai nipoti della generazione attuale e che, non possono essere considerate come attori economici separati.
La solidarietà intergenerazionale è dimostrata dalle donazioni che molti individui fanno a favore dei propri figli, anche in forma di eredità. L’esistenza stessa dell’eredità lascia pensare che la maggioranza degli individui non sia disposta a sfruttare completamente un’opportunità di consumo a spese dei propri figli. Secondo l’analisi di Barro l’entità decisionale rilevante non è l’individuo, che vive un numero finito di anni, ma la famiglia, che continua all’infinito.
Secondo quest’ottica un taglio delle imposte finanziato con l’indebitamento fa aumentare il reddito dell’individuo ma non le risorse complessive della famiglia (risparmio preferito a consumo).
I ricardiani ipotizzano che il consumatore abbia un orizzonte temporale molto lungo, mentre i seguaci di Barro ipotizzano un orizzonte temporale infinito.

Altre interpretazioni del debiti pubblico
La maggior parte degli economisti si oppone a una regola stringente che obblighi il governo al pareggio del bilancio pubblico, adducendo tre ragioni per cui una politica fiscale ottimizzata possa richiedere un deficit o un surplus:
La stabilizzazione: un deficit o un surplus di bilancio possono contribuire a stabilizzare l’economia. Un vincolo al pareggio di bilancio annullerebbe le doti di stabilizzazione automatica implicite nel sistema delle imposte e dei trasferimenti (recessione-> causa minori imposte e aumento dei trasferimenti). Questi automatismi contribuiscono a stabilizzare l’economia.
L’equalizzazione delle imposte: deficit e surplus possono essere utilizzati per correggere le distorsioni degli incentivi provocate dal sistema fiscale. Per mantenere inalterate le aliquote (equalizzare le imposte) è necessario che in anni di bassi redditi o di spesa elevata si possa avere un bilancio pubblico in deficit.
Le imposte potrebbero essere equalizzate in maniera naturale. A es. aliquote elevate sui redditi da lavoro, , porterebbero ad uno squilibrio dell’efficienza dei lavoratori; mantenere stabile il livello delle aliquote fiscali (minor costo sociale delle imposte) ridurrebbe lo squilibrio di efficienza e annullerebbe eventuali aggiustamenti di politica fiscale.
La ridistribuzione intergenerazionale: il deficit può essere utilizzato per trasferire il carico fiscale dalle generazioni attuali a quelle future (finanziare spese attuali con un deficit di bilancio da colmare tramite tassazione sulle generazioni future).

Gli effetti fiscali sulla politica monetaria
Uno dei modi a disposizione del governo per finanziare il debito pubblico è stampare moneta: una politica che comporta un aumento dell’inflazione. La ragione dei più tipici fenomeni di iperinflazione è una politica fiscale che si affida alla tassa da inflazione per finanziare pare della sua spesa; il termine del fenomeno iperinflativo coincide quasi sempre con una riforma fiscale che prevede tagli consistenti alla spesa pubblica e, perciò, riduce il riscorso al signoraggio.
Alcuni economisti hanno ipotizzato che un elevato indebitamento dello Stato possa anche incoraggiare il governo a creare inflazione. Poiché la maggior parte del debito pubblico è specificato in termini nominale, il valore reale del debito diminuisce se aumenta il livello dei prezzi. Un alto livello di indebitamento potrebbe incoraggiare il governo a stampare moneta, provocando l’aumento del livello dei prezzi e riducendo di conseguenza il valore reale del debito.
Nonostante tali preoccupazioni sui possibili legami tra debito pubblico e politica monetaria, la realtà conferma che non rappresenta la norma nella maggior parte dei paesi.
La maggior parte dei governi possono finanziare il proprio indebitamento senza contare sul signoraggio; le BC hanno un’indipendenza tale da respingere pressioni orientate all’aumento dell’offerta di moneta; infine i responsabili della politica fiscale sanno che l’inflazione è una pessima soluzione hai problemi fiscali.

Debito e processo politico. La politica fiscale è gestita da un processo politico imperfetto. Alcuni economisti temono che la possibilità di finanziare quasi illimitatamente la spesa pubblica con l’emissione di titoli di debito pubblico possa ulteriormente peggiorare tale processo.

La dimensione internazionale
Il debito pubblico può condizionare il ruolo di un paese nell’economia mondiale.
Un deficit di bilancio causa una riduzione del risparmio nazionale di un paese che a sua volta provoca un disavanzo delle partite correnti finanziato per mezzo dell’indebitamento estero. Il collegamento tra il deficit di bilancio e il disavanzo delle partite correnti evidenzia due ulteriori conseguenze del debito pubblico.
In primo luogo un elevato livello di indebitamento pubblico può aumentare il rischio che si verifichi una fuga di capitali dal paese, ovvero un improvviso e deciso crollo della domanda delle attività di un paese nei mercati mondiali. Quanto più elevato è il livello dell’indebitamento pubblico, tanto maggiore è l’incentivo a consolidarlo. All’aumentare dell’indebitamento pubblico gli investitori internazionali riducono progressivamente la propria disponibilità a prestare, temendo il consolidamento. Se questa perdita di fiducia è improvvisa, la conseguenza può essere la classica fuga di capitali, con il crollo del valore della valuta nazionale e l’aumento dei tassi d’interesse;
In secondo luogo, elevati livelli di indebitamento pubblico finanziato all’estero possono ridurre il peso politico della nazione negli affari internazionali.

Tratto da MACROECONOMIA di Alessia Chiovaro
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