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Interruzione della gravidanza e minore età


La decisione di abortire rientra tra gli atti di disposizione del proprio corpo ed è pertanto necessaria la maggiore età.
Dunque l’eventuale autonoma decisione di abortire della minore non può tradursi in un consenso valido a praticare l’interruzione: è necessario in ogni caso l’assenso dei genitori (il consenso di uno solo dei due genitori non basta).
La l. 194/78 stabilisce però espressamente che se la donna ritiene di non doverne informare i genitori, perché da essi è sicura che non otterrà il consenso all’interruzione o perché vuole tenere nascosta la gravidanza o perché ha timore delle loro reazioni, potrà recarsi da sola al consultorio o dal proprio medico di fiducia; ella spiegherà i motivi per i quali non vuole che essi siano informati.
Nei primi 90 giorni, quando vi siano “seri motivi” che impediscano o sconsiglino la consultazione delle persone esercenti la potestà o la tutela, oppure queste, interpellate, rifiutino il loro assenso o esprimano pareri tra loro difformi, il consultorio o la struttura socio-sanitaria cui la donna si rivolge, rilasciano ad essa copia del certificato da cui risultano l’avvenuta richiesta dell’interruzione e le ragioni che la legittimano.
Entro 7 giorni dalla richiesta, il medico stesso trasmetterà poi il certificato corredato da un proprio parere al giudice tutelare; il magistrato convocherà alla minore e sarà quindi il giudice che entro cinque giorni dalla data in cui ha ricevuto la documentazione potrà autorizzarla a interrompere la gravidanza.
Se il giudice negherà tale autorizzazione, la donna potrà fare ricorso al Tribunale per i minorenni che deciderà con procedura d’urgenza.
Se sussistono condizioni d’urgenza, il medico rilascerà subito la certificazione che autorizza l’interruzione, anche senza il consenso dei genitori e senza l’intervento del giudice tutelare.
Oltre i 90 giorni la procedura è identica a quella per le donne di maggiore età.
Si prescinde da qualsiasi procedura quando l’interruzione della gravidanza si renda necessaria per l’imminente pericolo per la vita della gestante.
Se la donna è interdetta la richiesta di interruzione volontaria di gravidanza può essere presentata a oltre che personalmente (il che significa che la l. 194/78 riconosce alla donna la capacità di assumere una decisione autonoma sulla prosecuzione della gestazione), anche dal tutore o dal marito, che non sia legalmente separato.
In queste ultime ipotesi, la gestante deve comunque confermare la richiesta.
In questi casi, l’autorizzazione all’interruzione viene rilasciata unicamente dal giudice tutelare.

Tratto da MEDICINA LEGALE di Stefano Civitelli
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