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Menzogne ad alto e a basso rischio


Per dire una menzogna occorre pianificarla. Questa considerazione porta alla distinzione fra:
menzogna a basso rischio -> si tratta della menzogna della vita quotidiana, usata nelle conversazioni comuni, non particolarmente importante sul piano interpersonale. Sono forme ingannevoli abbastanza frequenti, che comportano uno sforzo cognitivo limitato nella pianificazione e nella comunicazione, per cui non ci si preoccupa tanto di essere scoperti.
Generalmente ci si aspetta di essere creduti e di solito ciò avviene. Fanno parte delle menzogne a basso rischio: le bugie innocenti, quelle pedagogiche, le menzogne altruistiche (pronunciate per non urtare i sentimenti dell’interlocutore), le menzogne cortesi (dette per camuffare e mascherare i propri sentimenti al fine di difendere la propria immagine e quella altrui).
L’impegno cognitivo della menzogna a basso rischio è piuttosto limitato, in quanto implica processi standard e abitudinari di pensiero. L’intenzione comunicativa sottesa alla menzogna a basso rischio risulta essere di secondo ordine. Infatti per mentire il mentitore deve possedere delle credenze sui sentimenti, sulle idee del destinatario (credo che se dico p (falso), l’interlocutore non si offende).
Il risultato di tale processo porta al conseguimento del cosiddetto ottimo locale, cioè la soluzione che massimizza le opportunità e minimizza i rischi.
Riguardo all’attivazione emotiva questa è piuttosto limitata. Il mentitore infatti ritiene che la menzogna detta sia di piccolo conto e potrà essere facilmente creduta dall’interlocutore. Non si preoccupa di essere scoperto, anche se capitasse il mentitore giustificherebbe la menzogna rifugiandosi dietro a regole della convenienza sociale e della cortesia.
Menzogne ad alto rischio -> sono quelle menzogne che comportano serie conseguenze sia per il mentitore che per il destinatario, e ha dei costi elevati rispetto ad eventuali benefici. La posta in gioco è alta e per fare ricorso a tali menzogne ci devono essere valide ragioni. Di solito tale menzogna viene adoperata in situazioni relazionali molto difficili e conflittuali, e in situazioni in cui una persona rischia la propria faccia e il proprio onore. Infatti qualora fosse scoperto perderebbe la fiducia da parte del partner e sarebbe accusato di disonestà. Quindi il carico emotivo è elevato e la pianificazione comporta uno sforzo cognitivo notevole.
L’impegno cognitivo nella menzogna ad alto rischio è radicalmente diverso da quello della precedente. Poiché questa menzogna comporta un’elevata posta in gioco, deve essere preparata e prevista in anticipo. Risulta quindi importante un’attenta opera di pianificazione mentale per realizzare così un messaggio menzognero compatibile e coerente con le conoscenze del destinatario, come se questo messaggio fosse vero. Si tratta di un impegno cognitivo rilevante, perchè il mentitore conosce il vero, ma pubblicamente deve dire il falso e in modo da apparire credibile. Il mentitore deve quindi controllare il suo eloquio, la costruzione delle frasi e dei suoi sistemi non verbali. La menzogna ad alto rischio comporta anche una complessità di livelli intenzionali, che interagiscono simultaneamente:
intenzione nascosta o latente: l’intenzione di ingannare il partner manipolando e falsificando l’informazione non deve trapelare;
intenzione manifesta o apparente: il parlante intende trasmettere al partner l’informazione manipolata. Questa intenzione si distingue in:
intenzione informativa -> il parlante vuole che il destinatario accolga come vera l’informazione manipolata che gli ha trasmesso;
intenzione di “sincerità” -> il parlante vuole che il partner creda che ciò che gli ha detto è vero.
Infine questo carico cognitivo dipende anche dall’atteggiamento dell’interlocutore. Infatti quest’ultimo può assumere la posizione di vittima (acquiescente e passivo) o di indagatore (sospettoso e inquisitivo).
Riguardo alle emozioni della menzogna ad alto rischio queste sono molto più intense. Infatti la paura di essere scoperto e delle conseguenze di ciò comporta nel parlante la comparsa di emozioni per lo più negative, dovute al timore di perdere la faccia, di abbassare il livello di stima, di distruggere la fiducia degli altri nei propri confronti. Nello specifico connesse a tale menzogna sono associate le emozioni che riguardano il proprio sè e implicano il giudizio degli altri su se stessi. La comparsa di emozioni negative viene testimoniata in modo evidente dall’arousal emotivo (insieme di risposte fisiologiche quali: battito cardiaco accelerato, innalzamento della pressione, aumento della sudorazione, riduzione della salivazione, …). Tali variazioni possono essere registrate dalla macchina della verità. Tuttavia le reazioni emotive possono essere controllate dal soggetto fino al punto di essere inibite (coping emotivo-> capacità di far fronte alle emozioni controllandole). Di solito le persone abituate a dire menzogne avvertono una minore attivazione emotiva.
Questi due tipi di menzogne vanno intese come estremi di un continuum qualitativo.

Tratto da MENTIRE di Anna Bosetti
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