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Risvolti sociali dei nuovi videogiochi

Nonostante lo zoccolo duro degli apocalittici deterministi di cui abbiamo parlato, si affannino per criticare e disprezzare l’ambito videoludico, non mancano i sostenitori dell’ambiente. Il sociologo Alberto Abruzzese afferma che i videogiochi sono la nostra più avanzata frontiera e affascinante futuro, strategie destinate a scomporre e non a ricomporre i paradigmi del sapere moderno, a vincerli più che a salvarli, quindi mal visti ed oscurati dal rapporto scrittura-lettura che va dalla parte opposta.

Un’articolo sul sito dell’AESVI (Associazione Editori Software Videoludico Italiana) sintetizza perfettamente l’influenza del videogioco nei campi sociologici e non solo. Ne riporto un’ulteriore sintesi:
Sul piano tecnologico il mondo videoludico rappresenta l’avanguardia su settori come le realtà virtuali, le simulazioni, l’hardware. Quindi  chi vuole capire dove si sta indirizzando il futuro della tecnologia deve osservare i programmatori di giochi. Sono loro quelli che agiscono sulla linea di frontiera. Non è quindi un caso che si sia parlato di mediamorfosi, ovvero della «trasformazione dei mezzi di comunicazione, causata dalla complessa giustapposizione di bisogni percepiti, pressioni competitive e politiche, e innovazioni sociali e tecnologiche». E i videogiochi stanno dentro a tutto ciò: Bittanti osserva che le metamorfosi del videogame si sono tutte e oggi esso ha le caratteristiche dell’unicum, essendo diventato una vera e propria «tecnologia culturale» , quella che per Manovich è una «nuova forma culturale».

Molti specialisti inoltre sottolineano il cambiamento antropologico della nostra cultura grazie al mondo informatico e telematico : la tecnologia genererebbe mutamenti non solo in ciò che facciamo ma anche nel nostro modo di pensare; nell’immagine che gli uomini hanno di sé stessi, degli altri e della propria relazione con il mondo. In particolare c’è chi ne evidenzia la parte psicoemotiva, in relazione cioè agli affetti e al modo di rapportarsi a essi, con particolare riferimento alla psiche infantile, evidenziando il processo di riconfigurazione delle macchine come «oggetti psicologici» . L’argomento è stato sviluppato in direzione sociologica, con ricche riflessioni teoriche, da chi ha affermato che i videogiochi, e quelli in rete in
particolare, risponderebbero ai bisogni non soddisfatti di identità, sicurezza, emotività e socialità.


I multiplayer gaming


Il gioco in rete in particolare il multiplayer gaming via internet, ha creato negli anni vere e proprie comunità virtuali e mondi fittizi che vivono in rete, ed è una nuova frontiera sia del videogioco sia degli studi sociologici e antropologici. Alinovi (docente di videogames e design presso la Nuova Accademia di Belle Arti di Milano) spinge l’analisi più in là proponendo alcune definizioni molto suggestive: all’homo sapiens sapiens aggiunge, sulla scorta dell’homo ludens di Huizinga  (“ il gioco è importante per l’individuo, ma anche per la società a causa delle sue componenti culturali e per i legami che esso crea. Il gioco “soddisfa ideali di espressione e di vita collettiva”), l’homo videoludens, distinguendolo da un nuovo nato, l’homo ultrasapiens interconnectus  e nota che le nuove generazioni odierne non sono videogiocatrici come gli attuali trentenni-quarantenni, cioè non pare si stia avendo il ricambio generazionale previsto (negli Usa, nel 2000, l’età media dei videogiocatori era 28 anni, il 61% erano maggiorenni e il 35% avevano più di 35 anni da una ricerca Hart Research Associates del 2001). Ciò allora potrebbe voler dire, come proposto da Alinovi con la sua interessante definizione, che le nuove generazioni più che giocare con i videogiochi nel modo classico si stanno immergendo nella rete telematica, dando vita a una nuova fase del videogioco, dato il crescente aumento delle comunità online. Si può concludere che, in un modo o nell’altro (a casa con gli amici o in rete come avatar), «il videogioco diventa dunque lo strumento iniziatico che permette l’ingresso indolore nella sfera digitale».
 Da uno studio di Ciofi e Graziano sulle comunità virtuali del 2003 , gli utenti di età giovanile e adolescenziale, «tendono a essere particolarmente abitudinari quando trovano una comunità che li soddisfa, sviluppano un forte senso di appartenenza, e benché possano visitare quotidianamente molti altri siti internet, tenderanno comunque a legare a essa la propria identità online, internet costituisce uno spazio sociale condiviso, che viene continuamente ridefinito dalla interazione degli utenti, e che si pone come punto di riferimento per gli individui che ne fanno parte».


L'emotività nei nuovi videogiochi


Un altro aspetto interessante da osservare è la carica emotiva di alcuni software progettati per Kinect, come Project Milo ed il già citato Kinetimals.
Il primo, che momentaneamente non sarà pubblicato, è stato più una sorta di demo dimostrativa delle potenzialità della periferica, Il protagonista è Milo, un “Bambino Virtuale” dotato di abilità sorprendenti. il secondo protagonista è un cane e si chiama Kate. All’inizio dell’esperienza si può scegliere una versione femminile di Milo (Milly )e gran parte degli obiettivi di gioco sarà fortemente condizionata dall’emotività: comportandosi come un bambino vero, Milo ha bisogno di stringere un forte legame col suo “amico”, ossia il giocatore. Non si potrà fare del male a Milo, ma potrà essere redarguito se sbaglia, se va in luoghi a lui vietati o se si comporta da “cattivo amico”, ad esempio evitando di giocare o dicendo il falso. L’Intelligenza Artificiale di Milo si fonda sul “paradosso dell’attore”: molti dicono che simulare l’intelligenza e l’emotività umana sia impossibile. Alla luce di questo, allora è curioso chiedersi come fanno gli attori ad entrare nella parte assegnatagli e dando a volte prova di assoluta fedeltà all’emotività e all’intelligenza del personaggio interpretato. Esattamente come Wall-E (il robot del film della Pixar), Milo cerca di entrare nel cuore di chi decide di diventare suo amico, piuttosto che cercare ossessivamente informazioni come farebbe una IA prettamente logica. Pur non capendo molte delle frasi che gli vengono dette, Milo ne intuisce il senso dal timbro con cui vengono pronunciate: se gli si racconta una barzelletta, annuisce accennando una timida risata, mentre se gli si parla con un tono di voce serioso, sente nell’aria il timore di essere redarguito e presta maggiore attenzione.

Milo è letteralmente ossessionato dal suo “amico reale”: durante i primi giorni ne giudica l’abbigliamento, quando invece la relazione d’amicizia diventa più profonda prende ad esempio le movenze, il timbro di voce e addirittura l’abbigliamento del giocatore. A patto di aver sviluppato con lui una forte amicizia, naturalmente. Milo non potrà crescere, rimarrà bambino: nonostante questo, però, il creatore del gioco, Peter Molyneux, prometteva di arricchirne il linguaggio, il numero di frasi e le espressioni facciali con aggiornamenti regolari, tanto da arrivare al riconoscimento del nostro stato emotivo anche solo dall’espressione facciale, traguardo questo che credo meriti sicuramente attenzione in ambito tecnologico e non solo. Si tratta quindi di un progetto interessante chpotrebbe aprire nuovi orizzonti del panorama videoludico, anche se per molti l’idea è risultata abbastanza acerba e inutile (perché parlare con una persona virtuale?), è indubbio che sia potenzialmente intrigante rapportarsi con un’entità virtuale interattiva e dotata di emozioni che comprende i nostri stati d’animo. Gli utilizzi? Molte persone prendono un cane perché si sentono sole, magari poi trattandolo male; Kate (o anche Kinectimals) potrebbe essere un buon compagno senza comunque le attenzioni necessarie (emotive ed economiche) di un qualunque essere vivente. Molti genitori non sanno a chi affidare i propri figlio o controllarli meglio ad esempio, mentre fanno i compiti; Milo tramite il Kinect potrebbe anche arrivare ad analizzare ogni singolo foglio contenente esercizi da completare, fungere da persona con cui ripassare una materia o semplicemente essere una telecamera che controlli un bambino se i genitori sono usciti o semplicemente nell’altra stanza. Sicuramente futuri e più solidi impieghi saranno trovati per questa idea, non resta che aspettare.

Tratto da MICROSOFT KINECT E I NUOVI VIDEOGIOCHI di Lorenzo Blangiardi
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