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Gli inizi della lavorazione artigianale del corallo


Il monopolio della lavorazione era nelle mani delle maestranze ebree, tuttavia emerge qualche isolato tentativo da parte cristiana di inserirsi nell’attività delle botteghe ebraiche.
Tra il 1418 e il 1460 a Trapani si contavano oltre 70 corallari (27 ebrei e 3 cristiani), lavoranti e apprendisti (40 ebrei e 3 cristiani) che si tramandavano il mestiere da padre in figlio.
Quando nel 1452 i reali Ferdinando e Isabella d’Aragona espulsero gli ebrei dalla Sicilia, l’attività legata al corallo ebbe una notevole riduzione. Numerosi esiliati ritornarono in Sicilia dopo essersi convertiti e cominciarono a recuperare i vecchi crediti. Gli altri  migrarono verso centri dove erano garantite libertà religiose. Alcuni si diressero verso il Regno di Napoli e si fermarono all’estremità del porto angioino di Napoli in propri fondaci, altri si stabilirono a S.Giorgio a Cremano e a Torre del Greco.
In Sicilia comunque l’arte della lavorazione del corallo non venne mai dimenticata.
Agli artigiani orafi ebrei deve essere riconosciuto il ruolo di avere conservato vive le tecniche di lavorazione più antiche e di averle trasferite nell’isola, dove diedero avvio a nuove forme artistiche.
Il corallo iniziò comunque ad essere elemento decorativo di prestigio a cui venne attribuito pieno valore artistico nei capolavori d’alta oreficeria.

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