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Maria Lai e il Museo Stazione dell’Arte


Nel 1981 il comune di Ulassai, paese natale di Maria Lai, commissiona all’artista la realizzazione di un monumento ai caduti. Nei suoi scritti, tuttavia, Maria Lai manifesta la volontà di realizzare un’opera molto lontana dalla concezione tradizionale di monumento ai caduti, ma soprattutto esprime la sua volontà di realizzare un monumento ai vivi.

La sua non è un’opera materiale, ma un’azione collettiva che unisce tutto il paese di Ulassai attraverso un nastro celeste. Maria Lai trova l’ispirazione per l’uso di questo nastro in uno dei racconti tramandati oralmente nel paese, che vede una bambina salvarsi dal crollo di una caverna dove aveva trovato rifugio attirata da un nastro celeste, che diventa metafora dell’arte.

Lo scopo di quest’azione collettiva è quello di restituire la verità dei rapporti tra le persone: laddove le famiglie non erano legate da rapporti benevoli il nastro passava dritto, mentre quando le famiglie erano legati da rapporti di amicizia il nastro veniva annodato. Laddove tra le famiglie scorreva amore, il nodo era accompagnato da un pane tradizionale.
Il nastro venne portato fin sopra le montagne e poi sparato nuovamente verso il paese.
Maria Lai sposta così l’attenzione della destinazione pubblica dallo spazio alle persone, rendendo queste protagoniste.

Negli ultimi anni della sua vita, Maria Lai, che aveva lasciato Ulassai per studiare a Cagliari e poi a Roma e a Venezia, torna nel suo paese natale e fonda il Museo Stazione dell’Arte.
Il museo, da lei voluto e a lei dedicato, prende il nome dall’ex stazione ferroviaria del paese che lo ospita e conserva le collezioni d’arte personali di Maria Lai.

Ancora una volta, la dimensione paesaggistica indica che l’arte non viene relegata all’interno del museo ma occupa anche lo spazio esterno, per cui l’artista aveva appositamente progettato alcune importanti installazioni.

All’interno delle collezioni ospitate, assumono particolare importanza le opere cucite, che reinterpretano un’attività tradizionalmente relegata all’ambiente domestico e femminile trasformandola in uno strumento d’arte. Le opere cucite, in particolare le mappe e i libri, costituiscono l’interpretazione di Maria Lai di alcune fiabe e racconti, tra cui:
• Il dio distratto, ispirato dal racconto del “sardus pater” di Giuseppe Dessì, scrittore e caro amico dell’artista.
Maria pietra, ispirato dai racconti di Salvatore Cambosu contenuti nel suo “Miele amaro”.

Significativa è anche la tavola imbandita di libri, opera metafora dell’arte e la cultura come nutrimento dello spirito.

Maria Lai realizza per il paese di Ulassai anche altre opere importanti:
• La lavagna che reca la scritta “l’arte ci prende per mano”.
• Il grande gioco dell’oca.
• Le caprette cucite, altro elemento chiave all’interno della poetica artistica di Maria Lai, ispirate anch’esse ai racconti di Cambosu.
• Interventi artistici all’interno del lavatoio del paese, in collaborazione con Costantino Nivola.

Tratto da MUSEOLOGIA di Roberta Carta
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