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Pensiero debole: il ricercatore e l'angolo di visuale


C’è un rapporto circolare tra metodi di osservazione e realtà (Heisenberg). Il ricercatore lungi dall’essere esterno alla ricerca, rappresenta invece variabile interveniente nella ricerca stessa. E’ importante che sia consapevole del punto di vista che adotta perché i dati potrebbero essere inficiati, ma in ogni caso sono strettamente dipendenti dall’angolo visuale dal quale decide di analizzare la realtà.
Superato l’approccio neo-positivista si è pervenuti al cosiddetto “pensiero debole” per il quale l’importante è il rigore nel metodo utilizzato. Il metodo deve essere scientifico cioè verificabile. I “dati sui sordi” riguardavano quel campione. Non perché facciamo una ricerca possiamo allargare ciò che otteniamo in modo assoluto. Il punto di vista che adottiamo è correlato al tipo di risultati che possiamo ottenere. In questo senso non esistono scienze esatte, casomai metodi scientifici oppure no.
Il ricercatore già nel selezionare il tipo di problemi da affrontare seleziona la realtà, ne prende solo una parte con i propri modelli teorici di riferimento che non rimandano solo discipline specifiche ma anche al retroterra culturale del ricercatore stesso. (un ricercatore occidentale ha della devianza un concetto completamente diverso da quello che ne ha uno indiano per esempio sull’uso dell’hashish: il collega occidentale come campione sceglierebbe un gruppo di fumatori di hashish, l’altro no).
Nell’interpretazione del comportamento dell’individuo, da alcuni decenni si è passati da una logica lineare aristotelica, ad una circolare galileiana.
Es. il fenomeno del drop out. Che elementi osserviamo per intervenire? Per capire il comportamento individuale uscendo dalla logica che vede le cause in fattori assolutamente individuali occorre invece allargare la visuale fino ad includere l’ambiente in cui il comportamento si manifesta. Il riferimento è a Lewin (comportamento in funzione sia delle persona che dell’ambiente).
Una cosa è affrontarlo in termini individuali (il ragazzo non studia perché è maleducato ecc…) un’altra è indagare ad esempio sui servizi della scuola,su come è il clima relazionale all’interno della classe, ecc.
E’ importante operare questa svolta nell’interpretazione del comportamento individuale. Cercare di far luce su un campo ampio di fenomeni che concorrono a determinare quel comportamento. Fermo restando che anche il soggetto ha il suo peso (lui le sue emozioni e i suoi vissuti).
Nella lettura del comportamento possiamo prendere in ponderazione la profezia che si auto avvera (o effetto pigmalione). Il protagonista è il ricercatore: le sue aspettative, il suo modo di pre-occupare (occupare prima) il setting della ricerca che può influenzare la ricerca. il ricercatore deve essere il più possibile consapevole di queste dinamiche. L’osservatore non è esterno ma partecipante.
Il ricercatore è coinvolto nella ricerca, nel contesto in cui opera ha delle aspettative, emozioni che concorrono a costruire questo contesto. L’importante è la consapevolezza.
Altro fenomeno è quello legato ai soggetti marginali. E' un rischio. Rimanda ad un problema di tipo linguistico. Ma la marginalità nasce in relazione a come i nostri strumenti sono costruiti. Il ricercatore non ha elaborato uno strumento adeguato a quel target. Il rischio è che i soggetti diventino marginali per la ricerca. Es. il ricercatore utilizza abbastanza come poco più di zero mentre per i soggetti abbastanza significa quasi molto. questo compromette l’attendibilità: i miei dati corrispondono al reale sentire del mio campione?

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