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La politica interna italiana del 1870

La politica interna italiana del 1870



In politica interna, nonostante fosse difficile attribuirli una collocazione precisa nello schieramento parlamentare, Giolitti aveva idee abbastanza avanzate: si astenne infatti da misure preventive o repressive nei confronti del Movimento Operaio e delle organizzazioni popolari come i Fasci dei Lavoratori, movimento di protesta sociale nato in Sicilia che suscitò forti preoccupazioni nei conservatori di tutta Italia. L’ostilità dei conservatori contribuì non poco ad accelerare la caduta del governo che fu però dovuta allo scandalo della Banca Romana, uno dei maggiori istituti di credito italiani che si rese colpevole di gravissime irregolarità come i finanziamenti a deputati e giornalisti per influenzare la stampa e l’opinione pubblica. Giolitti, accusato di aver coperto le irregolarità quando era ministro del tesoro durante il governo Crispi, fu costretto a dimettersi nel 1893, tornò Crispi che paradossalmente nello scandalo bancario aveva responsabilità ancora più pesanti.
Tornato al governo Crispi avviò una politica di risanamento del bilancio basata su pesanti inasprimenti fiscali, effettuò una repressione in Sicilia, promulgò leggi antisocialiste limitando alcune libertà come stampa, riunione ed associazione. Il colpo definitivo per Crispi venne dal fallimento della ripresa della campagna coloniale. Il primo marzo 1896 nella Conca di Adua un esercito di 16.000 uomini fu distrutto dalle forze Abissine e Crispi fu costretto così ad uscire definitivamente dalla scena politica. Al suo successore Rudinì non rimase che concludere una pace con l’Etiopia che garantisse la presenza italiana almeno in Eritrea e Somalia.

Tratto da PICCOLO BIGNAMI DI STORIA CONTEMPORANEA di Marco Cappuccini
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