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Teatro europeo nel XX secolo. Avanguardie e totalitarismi


Il Secolo XX offre al teatro ed alla sua organizzazione due forme parallele e contrastanti del suo modo di essere: 1. il teatro del rinnovamento di idee, il teatro coinvolto dalle avanguardie artistiche, il teatro partecipe delle rivoluzioni sociali e persino delle utopie, protagonista nelle storie delle culture, ridotto nel numero e di coloro che lo praticano e degli spettacoli; 2. nell’altro mondo convivono i grandi numeri di spettatori come di artisti, impresari e tecnici, vincolati dall’impossibilità di occuparsi d’altro che non sia la pratica della sopravvivenza economica, ma anche la compiacenza della tradizione consolidata, del teatro commerciale tradizionale.
Il teatro dei maestri pedagoghi si sforza di trovare insieme con inedite forme espressive anche nuovi modi di vivere la professione teatrale, tali da rendere gli artisti e gli organizzatori simili ad asceti. Queste utopie non riescono a  realizzarsi che in condizione di spazio e tempo limitate, ma non vanno perdute. Combattere la concorrenza al cinema, che sottrae ingenti quantità di pubblico sarà all’inizio uno sforzo impegnativo portato a compimento solo da pochi :Max Reinhardt realizza un suo “teatro di massa” attraverso la scoperta di nuovi spazi teatrali e l’invenzione di nuovi modi di fruire dello spettacolo.
La prima metà del secolo è per l’Europa, non solo l’epoca dei grandi movimenti artistici, ma anche in campo storico dei totalitarismi. Gli stati totalitari non trascurarono l’ambito dello spettacolo, imponendo una forte censura e tentando di imbrigliare le forme artistiche con dettami conformi ai regimi politici. Oltre alla censura politica sui contenuti vi è quella che riguarda i sostegni pubblici sia in denaro che in servizi.

Tratto da POLITICA DELLO SPETTACOLO di Laura Righi
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