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Teatro italiano del 1800. Assenteismo dello Stato e finanziamento pubblico


L’Italia è un paese dalle caratteristiche localistiche-policentriche e tale resta anche dopo aver raggiunto l’unità politica (tardo 800). Dopo l’unità d’Italia il sistema”operistico” dovrà fare i conti con lo squilibrio tra la ricchezza industriale del settentrione e l’economia assistita del meridione. Nell’ 800 occorre riempire un vuoto legislativo nel momento in cui il teatro diventa azienda.
17 marzo 1861 : nasce l’Italia unita. Con l’avvento del regno unito inizia un periodo difficile sotto il profilo economico finanziario, nonché per il settore della cultura.
La situazione finanziaria del regno d’Italia, protesa al risanamento del bilancio nel periodo 1861-1865 si aggrava nel 1866 a causa del conflitto contro l’Austria. Si adottano quindi provvedimenti d’emergenza. All’interno di questa politica del risparmio, si inquadra la legge del 19 giugno 1867, che cancella ogni contributo a favore dei teatri. I teatri tornano ai comuni: policentrismo e localismo diventano sempre più caratteristica peculiare del paese.
Oggi all’inizio del terzo millennio la politica per la cultura si muove tra centralismo duro a morire e un decentramento verso le regioni e le autonomie locali. Si accentua, dunque, dopo l’unità d’Italia, il distacco o meglio la politica del non intervento: l’assenteismo dello stato.
Consegnati alle scarse risorse locali i luoghi di spettacolo di grandi città entrano in crisi. Le vicende del Teatro La Scala fino alla sua costituzione nel 1921 in Ente Autonomo, sono caratterizzate da procedimenti giudiziari assai frequenti, promossi da palchettisti. Un secolo prima è nata l’idea del finanziamento pubblico al teatro. Con la rivoluzione francese la rivalutazione della reputazione dell’attore nella società viene totalmente rivalutata: l’attore perde la connotazione di strumento del piacere e gli viene riconosciuta la funzione di educatore. Attraverso l’attore e il teatro i principi laici della rivoluzione potevano essere diffusi anche attraverso il popolo più incolto. Questa idea di teatro come momento educativo non verrà applicata subito, ma tornerà ad alimentare movimenti ed ideali di teatro nei secoli successivi; combattendo contro il vecchio concetto che il teatro non sia altro che una forma di svago, indegno di godere di contributi pubblici.
Nel 1856 la compagnia Reale Sarda parzialmente finanziata, protetta e privilegiata dallo stato Sabaudo, si trova all’interno di un acceso dibattito parlamentare, che si concluderà con la decisione di annullare ogni forma di finanziamento pubblico. Le conseguenze saranno duplici: 1. coloro che spinti verso il mercato, sapranno sfruttarlo, aprendosi a una dimensione più vasta, ne usciranno economicamente vincitori; 2. tutti coloro che percorrono territori più limitati o si sforzano di tutelare la qualità del teatro di parola senza mescolarsi con il melodramma o il teatro popolare vanno incontro ad enormi difficoltà.

Tratto da POLITICA DELLO SPETTACOLO di Laura Righi
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