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Definizione di sentenza di condanna generica

Definizione di sentenza di condanna generica


Un'ulteriore prova del fatto che non vi sia una correlazione necessaria tra tutela di condanna ed esecuzione forzata è fornita, poi, dalla c.d. sentenza di con­danna generica di cui all'art. 278 c.p.c.
L'ipotesi tipica è che la lite verta sull'esistenza e/o il modo di essere di un diritto al risarcimento del danno e che nel processo quest'unico oggetto, sul quale normalmente si dovrebbe decidere con una sola e definitiva sentenza, venga, invece, smembrato in due parti, ossia sia reso oggetto di due diverse de­cisioni: una sentenza di condanna generica nella quale si accerti solo l'an debe­atur, come tale evidentemente non definitiva, perché essa non esaurisce l'ogget­to del contendere, ed una successiva sentenza, questa si definitiva, nella quale si accerti il quantum debeatur, quindi si arrivi a quantificare quel diritto in astratto affermato come esistente dalla precedente sentenza non definitiva.
La pronuncia di una simile sentenza è immaginabile ove, non essendo possibile definire il giudizio, perché resta controversa la quantità della prestazione dovuta, tuttavia è stata già accertata l'esistenza del diritto. In tal caso essa sarà concretamente pronunciata dal giudice se l'attore lo richiederà e il convenuto non farà alcuna opposizione.

INSUSCETTIBILITA’ DELLA CONDANNA GENERICA ALL'ESECUZIONE FORZATA

Tale sentenza non è suscettibile di successiva esecuzione forzata, perché il credito è in essa solo accertato in astratto, mancando una sua quantificazione.
Del resto tale naturale impossibilità è anche giuridicamente confermata dall'art. 474.1, ai sensi del quale l'esecuzione forzata può aver luogo so­lo per un diritto liquido.
Tuttavia essa, pur non contenendo neanche il tipico or­dine di prestazione (qui immaginiamo una sentenza di condanna generica "pura", ossia senza la, pur pos­sibile, aggiunta della provvisionale di cui all'art. 278.2), che caratterizza le altre sentenze di condanna, è inquadra­bile nell'ambito della tutela di condanna, perché in tal senso va la scelta del le­gislatore.
E ciò non solo per la stessa sua qualificazione formale, parlando la ru­brica dell'art. 278 c.p.c., di "condanna", ancorché generica, ma anche perché a questa sentenza è collegata la produzione di alcuni effetti peculiari alla tutela di condanna.
Essa, innanzitutto, è titolo per iscrivere ipoteca giudiziale, disponendo l'art. 2818 c.c. appunto che ogni «sentenza che porta condanna al pagamento di una somma o all'adempimento di altra obbligazione, ovvero al risarcimento dei danni da liquidarsi successivamente è titolo per iscrivere ipoteca sui beni del debitore».
Quindi anche la sentenza di condanna generica, come ogni sentenza di condanna, è sufficiente ad attribuire all'attore la possibilità di ottenere quel­l'iscrizione nei registri immobiliari che costituisce il diritto reale di garanzia, ancorché in essa non vi sia alcuna quantificazione, per cui l'ipoteca sarà iscritta per l'ammontare che l'attore dichiarerà sotto la sua responsabilità (art. 2838 c.c.).
Inoltre anche alle sentenze di condanna generica si applica l'art. 2953 c.c., ai sensi del quale i «diritti per i quali la legge stabilisce una prescrizione più breve di dieci anni, quando riguardo ad essi è intervenuta sentenza di condanna passa­ta in giudicato, si prescrivono con il decorso di dieci anni».

Tratto da PROCEDURA CIVILE di Beatrice Cruccolini
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