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I mezzi di prova


LA PROVA TESTIMONIALE
È detta testimonianza la dichiarazione che, resa in giudizio da un terzo estraneo alla controversia, dà notizia dell’esistenza o della conformazione di fatti rilevanti per la decisione della causa. La dichiarazione del testimone ha lo scopo di fornire al giudice elementi probatori da utilizzare per il giudizio. Il risultato della testimonianza fornisce sempre al giudice un dato da sottoporre al libero apprezzamento del giudice.
Anche se la legge non guarda con favore allo strumento della testimonianza, essa non può essere espulsa dalla realtà processuale. Su questa linea è l’art. 2721 cc che guarda con disfavore le prove testimoniali dei contratti. Infatti la prova è ammessa quando il valore dell’oggetto del contratto supera 2,58 €. Tuttavia l’autorità giudiziaria può consentire la prova testimoniale tenuto conto della qualità delle parti, della natura del contratto e di ogni altra circostanza.
Sulla stessa linea l’art. 2722 cc che estende il disfavore alla prova per testimoni per controbattere il valore probatorio di un documento. Infatti la testimonianza è inammissibile se ha per oggetto patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento quando si alleghi che la stipulazione è stata anteriore o contemporanea. La norma non accetta il fatto che, di fronte ad una stipulazione scritta, le parti non abbiano messo per iscritto tutte le loro manifestazioni di volontà lasciando alla forma orale pattuizioni di contenuto aggiuntivo o contrastanti con quanto risultante dal documento.
La prova testimoniale è però ammessa in ogni caso in 3 ipotesi:
- quando vi è un principio di prova per iscritto;
- quando il contraente è stato nell’impossibilità morale o materiale di procurarsi una prova scritta;
- quando il contraente ha senza sua colpa perduto il documento che gli forniva la prova.
La prova testimoniale è la più tipica delle prove costituende e, di conseguenza, è soggetta al giudizio di ammissibilità e rilevanza ed è subordinata ad un particolare procedimento ammissivo. La prova viene dedotta dalla parte mediante indicazione delle persone da interrogare dei fatti. Con l’ordinanza che ammette la prova, il giudice istruttore elimina i testi che non possono essere sentiti per legge ovvero le persone aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio. Quindi il terzo deve essere indifferente all’esito del giudizio.
Inoltre l’ordinanza ammissiva può ridurre le liste dei testimoni che comunque potranno essere ascoltati in un secondo momento dal giudice.
Su richiesta della parte interessata, i testi vengono invitati a comparire per rendere la loro dichiarazione. L’ufficiale giudiziario intima poi ai testimoni ammessi dal giudice istruttore di comparire nel luogo, nel giorno e nell’ora in cui devono essere sentiti.
All’atto di assunzione della testimonianza, i testi sono identificati e devono dichiarare il loro eventuale interesse nella causa. Quindi i testi prestano giuramento. Essi sono esaminati singolarmente e separatamente e sono ammoniti sull’importanza religiosa e morale del giuramento e sulle conseguenza penali delle dichiarazioni false o reticenti.
Il giudice istruttore interroga il testimone sui fatti ma può porre domande ritenute utili a chiarire i fatti stessi. Le risposte devono provenire personalmente dai testi stessi i quali non si possono servire di testi scritti. Se vi sono divergenze tra due o più testi, il giudice istruttore, su istanza di parte o d’ufficio, può disporre che essi siano messi a confronto.
La mancata comparizione del teste intimato può essere accompagnata da una nuova intimazione ma il giudice può chiedere l’accompagnamento forzato del teste all’udienza stessa o ad altra successiva. Se il teste compare ma si rifiuta di giurare o non depone senza giustificano motivo, il giudice lo denuncia al pubblico ministero al quale trasmette la copia del verbale.

LA CONFESSIONE
L’art. 2730 cc stabilisce che la confessione è la dichiarazione che una parte fa della verità di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli all’altra parte. I fatti confessati devono essere obiettivamente sfavorevoli al dichiarante e favorevoli alla controparte.
La confessione non è efficace se non proviene da persona capace di disporre di diritto.
La confessione è giudiziale se resa nel corso ed all’interno di un procedimento giudiziale. Essa forma piena prova contro colui che l’ha fatta purchè sia fondata su fatti relativi a diritti disponibili. Formare piena prova significa che la dichiarazione confessoria va presa dal giudice nei termini in cui è resa senza possibilità di valutazione critica né di prova contraria. Essa è quindi una prova legale.
La confessione giudiziale può essere:
- spontanea: può essere contenuta in qualsiasi atto processuale firmato dalla parte personalmente (non dal suo avvocato);
- provocata mediante interrogatorio formale: mira a provocare la confessione attraverso la sottoposizione alla parte di un fatto o di un elenco di fatti ad essa sfavorevoli di cui si chiede l’asseverazione.
L’interrogatorio deve essere dedotto per articoli separati (è inammissibile la deduzione in un unico articolo di più fatti) e specifici (sono inammissibili le affermazioni generiche e quelle ambigue). I fatti vanno scomposti nei loro dati elementari ed ogni articolo viene separato in relazione ad ogni fatto specifico.
I capitoli oggetto di interrogatorio possono essere articolati dalla parte nella propria richiesta al giudice di ammettere l’interrogatorio, oppure nella domanda (citazione o ricordo) o nell’atto difensivo.
Come tutte le prove costituende, l’interrogatorio formale è soggetto a giudizio di ammissibilità da parte del giudice istruttore.
La parte interrogata deve rispondere personalmente e non sono ammessi testi scritti separati: tuttavia può servirsi di appunti per ricordare, ad esempio, nomi e cifre.
La mancata risposta della parte interrogata spinge il giudice a ritenere ammessi i fatti dedotti nell’interrogatorio. Quindi l’assenza ed il silenzio producono il riconoscimento del fatto dedotto.
La confessione stragiudiziale è quella resa al di fuori degli atti del giudizio.
La legge distingue:
- la confessione fatta ad un terzo o contenuta in un testamento: non è prova legale ed è liberamente apprezzata dal giudice;
- la confessione fatta alla parte o a chi la rappresenta: è prova legale. Essa riguarda il contenuto della dichiarazione mentre resta onere della controparte provare il fatto che quella dichiarazione è stata effettivamente resa.

IL GIURAMENTO
L’oggetto del giuramento è opposto a quello della confessione nel senso che mentre quest’ultima è la dichiarazione di un fatto sfavorevole al dichiarante, il giuramento è dichiarazione solenne di un fatto favorevole al dichiarante.
L’art. 2736 cc prevede due specie di giuramento:
-g iuramento decisorio è quello che una parte deferisce all’altra per farne dipendere la decisione totale o parziale della causa. Una parte può volontariamente rimettere la decisione della causa all’altra parte deferendole giuramento cioè chiedendole di affermare solennemente sotto giuramento che uno o più fatti decisivi da essa affermati sono veri. Ciò è giustificato dal fatto che la parte deferente non ha altra prova per provare ciò che dice. I limiti del deferimento sono precisati dall’art. 2739 cc: non può essere deferito per la decisione di cause relative a diritti di cui le parti non possono disporre; non può essere deferito per giurare su fatti illeciti e per contratti nulli per mancanza di forma scritta.  Alla prestazione del giuramento consegue la prova legale dei fatti giurati per cui non è ammessa la prova contraria ed il giudice non può argomentare in maniera difforme. Qualora venga giurato il falso, la controparte può chiedere il risarcimento danni in caso di condanna. Al deferente è concessa la possibilità di revocare il giuramento fino al momento in cui la controparte abbia dichiarato di essere pronta a prestarlo. La parte a cui è stato deferito il giuramento decisorio può asseverare con giuramento la formula deferitale; rifiutare di giurare; asseverare con giuramento una formula diversa da quella deferitale; riferire il giuramento;
- giuramento suppletorio è quello che è deferito d’ufficio dal giudice ad una delle parti al fine di decidere la causa quando la domanda o le eccezioni non sono piena prova, ma non sono del tutto sfornite di prova. Una sottocategoria è il giuramento estimatorio che è sempre deferito dal giudice al fine di stabilire il valore della cosa domandata, se non si può accertarlo altrimenti. Per mezzo di esso il giudice in dubbio sulla prova del fatto decisivo può rimettere alla parte il potere e la responsabilità di scegliere deferendole giuramento. Esso è detto “suppletorio” perché supplisce gli elementi di prova mancanti.

LA PROVA DOCUMENTALE: Le prove documentali regolate dal codice civile sono principalmente:
- atto pubblico: per atto pubblico s’intende il documento redatto con le richieste formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l’atto è formato. L’atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta pervenuti in sua presenza o da lui compiuti. L’atto pubblico deve provenire da un notaio o da altro pubblico ufficiale assimilato. La pubblica fede che la legge ricollega all’atto pubblico significa che esso è prova legale rispetto: alla provenienza del documento; alla data  e al luogo della redazione dell’atto; all’identità delle parti presenti alla redazione dell’atto; alle dichiarazioni rese delle parti; a tutti gli altri fatti avvenuti alla presenza del pubblico ufficiale. Tutti i dati coperti dalla pubblica fede fanno stato fino a querela di falso: ciò significa che essi non possono essere contestati se non mediante l’accusa di falsità;
- scrittura privata: con scrittura privata si indica il documento sottoscritto da soggetto privato recante dichiarazioni imputabili al sottoscrittore proprio per il fatto della loro sottoscrizione. L’art. 2702 cc afferma che essa fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni di chi l’ha sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione, ovvero se questa è legalmente considerata come riconosciuta. Quando la sottoscrizione non è attribuibile alla parte contro cui la scrittura è prodotta, questa non avrà bisogno di esperire alcuna querela di falso e spetterà alla controparte dimostrare la provenienza della scrittura. Ovviamente la scrittura privata può essere prodotta non solo contro il sottoscrittore della stessa ma anche contro gli eredi di questi o i suoi aventi causa. Un problema riguardante la scrittura privata è quello della sua data nei confronti dei terzi. Infatti questi vanno tutelati da altrui iniziative come antedatazioni o retrodatazioni che li potrebbero danneggiare. La scrittura diventa certa e computabile riguardo ai terzi solo dal giorno in cui la scrittura è stata registrata o dal giorno della morte o della sopravvenuta impossibilità fisica di colui o di uno di coloro che l’hanno sottoscritta o dal giorno in cui il contenuto della scrittura è riprodotto in atti pubblici;
- scritture contabili: gli art. 2709 cc regolano l’efficacia probatoria delle scritture contabili delle imprese soggette a registrazione. L’art. 2709 cc prevede che i libri e le altre scritture contabili di tali imprese facciano prova contro l’imprenditore. L’efficacia probatoria esclusiva nei confronti dell’imprenditore vale solo quando la controversia intercorre tra imprenditori (invece che tra imprenditori e consumatori). Il controllo dei libri e delle altre scritture può essere disposto anche d’ufficio senza l’istanza di parte: l’art. 2710 cc stabilisce che si esibiscano i libri per estrarne le registrazioni concernenti la controversia in corso. Sempre d’ufficio il giudice può ordinare anche l’esibizione di singole scritture contabili, lettere, telegrammi o fatture concernenti la controversia stessa;
- riproduzioni e copie: con il termine riproduzioni meccaniche, il codice civile intende le riproduzioni fotografiche, quelle cinematografiche, quelle fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose. Tali riproduzioni formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, a solo se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime. In caso di disconoscimento la piena prova viene meno e si trasforma in prova liberamente valutabile dal giudice.

Tratto da PROCEDURA CIVILE di Alessandro Remigio
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