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I tentativi obbligatori di conciliazione

I tentativi obbligatori di conciliazione


Invece, comunemente si ritengono legittimi, quali condizionamenti all'eser­cizio dell'azione, i tentativi obbligatori di conciliazione.
In certe materie il legislatore, lungi dal sottrarre il diritto di azione a colui che afferma la lesione di un suo diritto, impone, però, al (presunto) titolare del diritto di cercare la conciliazione con la controparte secondo determinati mec­canismi, restando ovviamente salva la possibilità di agire in giudizio ove il ten­tativo fallisca.
Si pensi, es., al tentativo obbligatorio di conci­liazione in riferimento alle controversie individuali di lavoro disciplinato dagli artt.,410 e SS. c.p.c.
Tali meccanismi sono costituzionalmente legittimi perché essi sono oggetti­vamente al servizio del miglior funzionamento della giustizia e non favoriscono una parte in danno dell'altra.
Invero, più sono i tentativi di conciliazione che riescono, meno sarà il carico di lavoro dell'apparato giurisdizionale statale ed allora in riferimento a tale carico l'attività giurisdizionale sarà migliore quantomeno perché sarà più rapida (in realtà sono pochi i tentativi di conciliazione che rie­scono. La conciliazione è un'alternativa credibile solo se i litiganti la vogliono veramente o, comunque, ne comprendono i vantaggi e in ciò il legislatore non ha molti spazi di manovra. Al momento l'unico deterrente avverso la parte poco collaborativa è stato indi­viduato nel meccanismo delle spese processuali, ossia nella possibilità di accollare maggiormente le spese processuali alla parte che si era rifiutata di conciliare su proposte vicine a quello che è risultato essere il contenuto della decisione del giudice. Art. 412.4 c.p.c.).
Peraltro, la Corte costituzionale ha precisato che i tentativi obbligatori di conciliazione sono costituzionalmente legittimi solo se sono costruiti come meccanismi temporalmente delimitati. Il legislatore ordinario non potrebbe, attraverso essi, imporre a colui che afferma la lesione di un suo diritto una sorta di stagnazione illimitata in attesa di una conciliazione che non arriva mai, perché ciò significherebbe incidere in modo eccessivo sul suo diritto di agire in giudi­zio.

Tratto da PROCEDURA CIVILE di Beatrice Cruccolini
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