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L'ordine di disfare e di cessare la turbativa

L'ordine di disfare e di cessare la turbativa

Ma, è di tutta evidenza il senso della distinzione appena accennata, se si guarda al contenuto della sentenza inibitoria, perché è indubitabile che l'ordine di disfare si fonda sull'accertamento del "già fatto", mentre l'ordine di cessare la turbativa si fonda sulla previsione di ciò che eventualmente potrebbe essere fatto in futu­ro.
Ed è questo secondo ordine il quid proprium della tutela inibitoria, l'elemen­to in più rispetto agli altri tipi di sentenze di condanna, elemento reso necessario dalla peculiarità dell'obbligo di cui si assume la violazione, il cui contenuto non è un non fare qualsiasi, bensì un non fare che duri nel tempo.
In tali casi, al tito­lare del diritto, della cui turbativa si tratta, non basterebbe un ordine di disfare, non basterebbe una sentenza che risponda all'illecito perpetrato, ma serve, ap­punto, anche un comando che guardi a successivi, possibili, comportamenti an­tigiuridici dell'obbligato. E in questo comando c'è qualcosa in più rispetto al mero accertamento del diritto proiettato nel futuro che si giustifica sulla base della semplice contestazione del diritto stesso, proprio perché qualcosa in più si è verificato sul piano dell'illecito, che è andato oltre la creazione dell'incertez­za, arrivando alla turbativa concreta del diritto.
Ebbene, se rispetto all'ordine impartito in funzione repressiva di ciò che è già stato fatto è concepibile un'eventuale attuazione esecutiva, non altrettanto può dirsi rispetto all'ordine di cessazione della turbativa.
Al più si può concepi­re in collegamento a questo una misura coercitiva (nel nostro ordinamento non vi è un sistema generale di misure coerci­tive, trovandosi solo isolate previsioni in tal senso) ma non certo la spendibili­tà di un'esecuzione forzata, perché questa è inconcepibile a fronte di obblighi negativi che si proiettano nel futuro.

Esempi

LA NEGATORIA SERVITUTIS


Riprendiamo il caso, disciplinato dall'art. 949 c.c., della c.d. negatoria servitutis, che abbiamo già visto trattando dell'azione di accertamento negativo. Qui l'attore, proprietario di un bene, innanzitutto nega l'esistenza di un diritto di cui il convenuto si è vantato nei suoi confronti. Inoltre, se il convenuto, prima del processo, non si è limitato al vanto del diritto, ma ha anche posto in essere com­portamenti di intromissione più pregnante nella sfera giuridica del proprietario, vere e proprie turbative o molestie, questi, oltre al detto accertamento negativo, chiederà al giudice anche la pronuncia di una condanna al fine di ottenere, per un verso, l'ordine di disfare ciò che è stato fatto e, per altro verso, l'ordine di cessare la turbativa per il futuro. Solo il primo ordine sarà assistito, eventual­mente, dall'attuabilità in via esecutiva, non anche il secondo, rispetto al quale, se l'ordinamento non prevede misure coercitive, si può solo sperare che l'obbli­gato si adegui spontaneamente.

Esempi

L’ART. 28 DELLO STATUTO DEI LAVORATORI


Si faccia, poi, il caso di cui all'art. 28 del c.d. Statuto dei lavoratori, nel qua­le è previsto, a fronte della condotta antisindacale del datore di lavoro, una for­ma di tutela che sfocia in un provvedimento esecutivo contenente il duplice or­dine di rimuovere gli effetti del comportamento tenuto e di cessare per il futuro di fare ciò che violerebbe l'obbligo di non fare. Anche qui vi è la caratteristica della tutela inibitoria, ossia questo duplice ordine, uno rivolto al passato e l'altro rivolto al futuro, che solo può rispondere alla crisi di quel particolare rapporto obbligatorio, che ha come contenuto un obbligo di non fare a carattere continua­tivo.
Però nell'ipotesi in parola il legislatore è stato più previdente, perché ha disposto che il datore di lavoro che non ottempera al provvedimento del giudice «è punito ai sensi dell'art. 650 c.p.», quindi ha supportato la tutela inibitoria con la previsione di una misura coercitiva di carattere penale.

ALTRE PREVISIONI CONTENUTE NEL CODICE CIVILE O IN LEGGI SPECIALI


Si pensi, infine, a varie altre disposizioni contenute nel codice civile o in al­tre leggi: l'azione inibitoria a fronte di atti di concorrenza sleale (art. 2599); l'azione inibitoria di associazioni rappresentative dei consumatori e dei profes­sionisti o delle camere di commercio avverso un professionista o l'associazione di professionisti rivolta a far cessare l'utilizzo di clausole vessatorie (art. 1469-sexies c.c., oggi art. 37 del Codice del consumo); l'azione inibitoria spendibile a tutela del diritto al nome (art. 7); l'azione inibitoria esercitabile a tutela dell'im­magine (art. 10).


Tratto da PROCEDURA CIVILE di Beatrice Cruccolini
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