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L’affido



Ha aspetti di similarità con l’Adozione, ma anche molti aspetti di diversificazione, dovuti soprattutto al fatto che l’affido è una situazione temporanea, a partire da una difficoltà nella famiglia originaria -> quindi non vi è una rescissione dei legami tra bambino e famiglia di origine. Il bambino adottabile è invece un bambino per il quale è stato dichiarato lo stato di abbandono, cioè la famiglia di origine non c’è più oppure non ha più la patria potestà (è dichiarata non in grado di gestire il bambino), quindi il bambino può essere adottato. Quindi i bambini affidati, a differenza di quelli adottati, sono bambini che hanno sempre una famiglia di origine, seppur problematica. L’idea alla base dell’affido è quella di inserire il bambino in un ambiente familiare sereno (a differenze dall’ambiente originario), il bambino giova di questo ambiente, e nel frattempo si lavora con la famiglia di origine per incrementare le sue competenze genitoriali -> l’affido, per avere successo, dovrebbe essere quindi continuamente monitorato da servizi socio-sanitari, che lavorano a doppio livello, sia per migliorare le competenze genitoriali della famiglia di origine, sia monitorando come sta il bambino nella famiglia affidataria. È una operazione complessa resa difficoltosa dalla molteplicità degli attori in campo, anche perché poi questi affidi temporanei (che dovrebbero durare 2 anni massimo) in molti casi in Italia si stabilizzano e diventano degli affidi a tempo indeterminato. Quindi l’istituto dell’affido, che potrebbe avere grandi potenzialità, è spesso malinvestito dalle strutture socio-sanitarie, e diventa qualcosa di cronicizzato.
Più in particolare cosa è l’affido familiare? Dovrebbe essere un intervento di sostegno alla famiglia in difficoltà e di tutela del minore a crescere in un contesto familiare idoneo. Le sue caratteristiche sono, come si è detto:
* Risolvere i problemi della famiglia di origine e la sua ridotta capacità di rispondere ai bisogni di crescita del bambino con interventi ad hoc
* Separazione temporanea dalla famiglia di origine (passaggio molto delicato -> anche se i genitori sono molto trascuranti il bambino ha comunque creato con loro dei legami di attaccamento -> è importante quindi che il bambino mantenga i contatti con la famiglia di origine)  e inserimento del bambino in un’altra famiglia. Un ulteriore separazione avviene quando l’affido va a buon fine e il bambino ritorna nella famiglia di origine, e quindi si separa dalla famiglia affidataria
* Nella pratica si verifica un elevato numero di affidi a tempo indeterminato: il bambino permane nella famiglia affidataria per molti anni, pur mantenendo i contatti, spesso in modo saltuario con la famiglia d’origine.

La normativa per l’affido familiare: in Italia la legge 184 del 1983 ha istituito e regola il provvedimento di affido familiare: è un intervento temporaneo di allontanamento di un minore da un ambiente familiare non idoneo e inserimento in una famiglia diversa dalla sua (o in una comunità protetta). La legge 149 del 2001 stabilisce il rientro in famiglia o l’affido per tutti i bambini in istituto entro la fine del 2006.

In Italia, il minore che viene dato in affido ha le seguenti caratteristiche:
* Età compresa tra 6 e 10 anni (quindi abbastanza grande, però se il bambino è preadolescente o adolescente piuttosto che essere inserito in una famiglia viene inserito in una comunità, dato che è molto problematico inserire un adolescente in una nuova famiglia)
* Presenta dei problemi: condotte aggressive auto ed etero dirette, con capacità cognitive e di apprendimento ridotte, con difficoltà di relazione con adulti e pari, con storie relazionali di abuso e di deprivazione emotiva -> difficoltà a vari livelli di funzionamento
* Disagio socioeconomico frequente

Il processo di affidamento è complesso, perché prima di tutto il bambino deve essere affidato a una nuova famiglia, con la quale si spera crei un legame di attaccamento sicuro che migliori la sua sicurezza emotiva, però allo stesso tempo non devono essere rescissi i legami di attaccamento con la famiglia di origine -> quindi è necessario che tutto il processo venga costantemente monitorato dai servizi sociosanitari. Il bambino potrebbe sentire una sorta di conflitto di lealtà: con la nuova famiglia si trova molto bene (bisogni di cura e protezione vengono soddisfatti), però allo stesso tempo sente la necessità di salvare, spesso attraverso l’idealizzazione, il legame con i propri genitori naturali. Lo stesso succede quando il bambino torna nella famiglia di origine: il bambino prova un senso di abbandono e ha la necessità di rielaborare un nuovo distacco, stavolta dalla famiglia affidataria.

Come si è detto la separazione è un momento complesso -> l’affido è caratterizzato da esperienze separative che coinvolgono tutti i protagonisti: famiglia di origine, famiglia affidataria e minore. Il minore, conclusosi l’affido, vive una doppia separazione: dalla famiglia naturale e da quella affidataria. Il modo in cui viene affrontata la separazione dipenderà per il minore dal tipo di rapporto vissuto con i genitori naturali e dalla qualità delle immagini parentali introiettate.

Ruolo dei genitori affidatari:
* Stabilire un buon rapporto con il bambino, favorire la sua integrazione, aiutandolo a mantenere il legame con i genitori naturali, senza eccessive idealizzazioni o proiezioni negative (cioè senza maleficare la famiglia di origine)
* È importante che questa operazione venga favorita da una istituzione terza che faciliti il processo di integrazione favorendo la rielaborazione delle proiezioni

Fattori di protezione che favoriscono il successo dell’affido:
° Sviluppo di un buon legame di attaccamento con la famiglia affidataria con conseguente senso di appartenenza e rafforzamento dell’autostima
° Mantenimento del legame con la famiglia di origine (tramite visite) grazie agli aspetti non appropriativi della famiglia affidataria
Consenso della famiglia d’origine
° Motivazioni non appropriative dell’affido da parte dei genitori affidatari (i genitori affidatari hanno un profilo diverso da quello dei genitori adottivi, dato che devono essere consapevoli del fatto che l’affido è temporaneo -> la loro motivazione dovrebbe essere prosociale)
° Co-costruzione di significati condivisi tra i diversi soggetti dell’affido
° Sostegno costante dei servizi

Fattori di rischio:
° Età del minore (quanto più è grande il bambino, quanto più avrà una storia problematica e quindi tanto più avrà difficoltà ad inserirsi)
° Esperienze traumatiche pregresse
° Disturbi comportamentali
° Motivazione affiliative della famiglia affidataria
° Mancato consenso da parte della famiglia di origine
° Assenza di servizi

L’adolescenza può essere considerata una fase di rischio per l’affido: infatti in questa fase compaiono condotte ostili e provocatorie rispetto ai genitori affidatari più accentuate rispetto al normale processo di individuazione insisto nell’adolescenza (il conflitto è amplificato dato che i genitori non sono biologici). In questo processo di conflittualizzazione l’adolescente affidato può avere delle fantasie tipo “se stessi con i genitori naturali starei molto meglio rispetto ai genitori affidatari” -> si verifica una scissione (genitori naturali: buoni / genitori affidatari: cattivi) che ovviamente non può essere presente nell’adolescente con genitori naturali. Oppure si potrebbe verificare la situazione opposta, e cioè che l’’adolescente malefica la famiglia d’origine con negazione di aspetti fondanti della propria identità.

Intervento psicologico
Cosa può fare lo psicologo nella situazione di affido? La decisione di porre il bambino in una situazione di affidamento implica aver valutato attraverso una serie di colloqui e di visite domiciliari nella famiglia d’origine la recuperabilità parentale di questa famiglia (perché in caso contrario si può dichiarare lo stato di abbandono e quindi l’adottabilità) -> che elementi devono essere valutati?
° Relazione di coppia: livello di conflitto molto alto, violenza domestica
° Rapporto con la famiglia di origine, cioè quanto quella famiglia ha un buon rapporto con la famiglia di origine e ha una buona rete di supporto
° Consapevolezza delle proprie difficoltà, quindi disponibilità a cambiare
° Stili di parenting, ad esempio molto punitivi o intrusivi
° Consapevolezza dei bisogni/difficoltà del bambino

Quali sono gli elementi da valutare per stabilire che una famiglia è idonea per diventare una famiglia affidataria?
- Motivazioni all’affido: sono emerse motivazioni non adeguate per l’affido come presenza di sterilità, lutti, esperienze di abbandono (affido come aspetto riparativi), figli che sono al college (quindi il nido è vuoto)
- Capacità genitoriali
- Relazioni di coppia
- Relazioni con la famiglia d’origine
- Capacità di utilizzare servizi e reti sociali di supporto
- Abbinamento bambino e famiglia affidataria: tenere presente sia i bisogni della famiglia affidataria sia del bambino

Intervento psicologico durante l’affido:
- Elaborare con la famiglia d’origine rabbia e depressione e aiutarla nell’incremento delle capacità parentali
- Sostenere famiglia affidataria e bambino
- Favorire la relazione tra bambino e famiglia d’origine. Nel caso del genitore maltrattante gli incontri avvengono nel cosiddetto spazio neutro, cioè situazioni ad hoc in cui il genitore vede il bambino in presenza di un educatore
- Aiutare il processo di reinserimento nella famiglia d’origine

Valutazione dell’efficacia dell’intervento psicologico e del processo di affido
:
- Recupero delle capacità parentali della famiglia d’origine (i genitori d’origine sono meno problematici rispetto a prima)
- Valutazione del bambino: relazioni familiari / autostima, fiducia in se stesso / inserimento scolastico / apprendimento -> il bambino è migliorato nella famiglia affidataria
->> Se tutto è andato bene il bambino ha interiorizzato la famiglia affidataria come base sicura alla conclusione dell’affido -> quindi il bambino acquisisce così una maggiore sicurezza emotiva

Tratto da PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO SOCIO-AFFETTIVO di Mariasole Genovesi
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