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Il valore dell'immagine come copia




L’immagine non ha atteso l’era della riproducibilità tecnica, elettronica o digitale, per veicolare false testimonianze; in qualche caso, l’immagine deve il suo valore più per il fatto di essere, a detta dell’artista, la traduzione di un avvenimento di cui è stato testimone in prima persona, che alla qualità della sua esecuzione e alla sua rappresentazione della realtà: alla base dell’immagine non c’è più l’imitazione, ma la sua condizione di testimonianza oculare. Così come il trucco fotografico, molto diffuso nel corso del ventesimo secolo, alcune immagini ingannano lo spettatore non per la loro capacità di sostituirsi al reale, ma perché il loro autore ci mente sulla natura della realtà che esse testimoniano; bisogna quindi smettere di usare il termine menzogna per qualificare l’illusione visiva platonica, riservandolo solo ai casi in cui l’immagine è inserita in un circuito comunicativo nel quale nel quale qualcuno usa una rappresentazione visiva della realtà per testimoniare la propria relazione oculare con un avvenimento.
Il rapporto delle opere con una copia non è sempre lo stesso: non si possono copiare in modo integrale un’opera letteraria o una sinfonia senza rifarle; per queste arti l’idea di copia non ha dunque senso: la sola cosa che si possa fare è ricopiare la partitura, il che non significa copiare l’opera. Tutt’altro è lo statuto dell’opera pittorica: da un lato, la copia dell’opera è possibile e, dall’altro la sua buona o cattiva riuscita dipende dall’abilità del pittore; ma si può copiare anche senza che preesista un originale, e in questo caso, più che un’opera precisa si copia uno stile, una maniera. Quindi, mentre fare la copia di un’opera preesistente non significa niente per le arti allografiche (musica, letteratura), ha un senso per le arti autografiche (disegno, pittura); copiare la maniera, in compenso, è una pratica che riguarda allo stesso modo la pittura e la letteratura: per entrambe, imitare per ridere un autore non è lo stesso che imitare la fattura dei quadri di Botticelli con l’obiettivo di far credere che si è trovata una nuova opera del pittore. Mentre il pastiche presuppone la connivenza del destinatario, il falso la sua incapacità di riconoscere l’autore vero dell’opera. La firma gioca un ruolo fondamentale nella valutazione dell’immagine: il valore del pastiche dipende dal fatto che io so che ci sono due autori, l’uno che copia, l’altro che è copiato; per valutare la qualità dell’imitazione, inoltre, è necessario che il destinatario conosca lo stile di un pittore o di un romanziere.

Tratto da RAPPORTO TRA REALTÀ E FINZIONE di Nicola Giuseppe Scelsi
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