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Searle e il concetto di asserzione

Searle e il concetto di asserzione




Searle ha formulato chiaramente, per la letteratura, il problema del rapporto con la realtà, domandandosi qual è il criterio per stabilire ciò che dipende da ciò che non dipende dalla finzione; egli mostra come ci sia tra l’enunciato di realtà e l’enunciato di finzione una differenza di statuto logico: il discorso della finzione sospende le regole semantiche sulle quali si fonda l’uso quotidiano del linguaggio. Gli enunciati della finzione sono non seri, nel senso che l’autore di un romanzo può scrivere una frase senza aderire al suo contenuto e senza verificare il suo fondamento; l’uso non serio del romanzo non deve però essere confuso con l’uso non letterale, che caratterizza il discorso figurale e, in particolare, l’impiego di metafore.
Se l’enunciato è lo stesso nella finzione, ci sarà tuttavia una differenza di uso del linguaggio, che Searle caratterizza in modo provvisorio tramite l’opposizione serio/non serio: è necessario ripartire dalla definizione dell’atto che consiste, per il locatore, nell’impegnarsi sull’esistenza di uno stato di cose o sulla verità di una proposizione espressa, l’atto che si chiama asserzione  e che obbedisce a regole precise, pena la perdita completa di validità, sia dal punto di vista del senso(regole semantiche) che da quello degli usi della lingua(regole pragmatiche):




Secondo Searle, l’enunciato di finzione, non applicando nessuna di queste regole, è un’asserzione paradossale: pur avendo l’aspetto di un’ asserzione, non è sottoposto a nessuna delle regole che la definiscono. Se queste regole sono sospese nell’opera di finzione, è perché il romanziere finge di fare un’asserzione o si comporta come se la facesse o, per meglio dire, finge di compiere una serie di atti illocutori, di solito di tipo assertivo; mentre l’asserzione si basa su regole verticali che stabiliscono la connessione tra il linguaggio e la realtà, è necessario un insieme di convenzioni “orizzontali” affinché il romanziere possa usare le parole nel loro senso letterale senza assumere gli impegni che sono di solito richiesti proprio in questo senso, insomma, è necessario che l’autore annunci il suo proposito di fare finzione affinché vengano sospese le regole che legano le parole al mondo. Mentre la menzogna si basa sulla volontà di ingannare, si può dire che la finzione dichiara il proprio gioco, che l’autore finge di fare delle asserzioni senza per questo cercare di ingannare: autore e ricettore, naturalmente, debbono condividere un gran numero di interessi ed obiettivi.

Tratto da RAPPORTO TRA REALTÀ E FINZIONE di Nicola Giuseppe Scelsi
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