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La deriva demagogica del referendum


Altro meccanismo di aggiramento dei canali della politica rappresentativa e di implosione della responsabilità è stato l’accentuato ricorso al referendum. La società civile può così riassorbire quel potere sovrano di deliberazione che per il suo esercizio continuativo ha delegato ad un organo politico specializzato. Si tratta di una “deriva demagogica del referendum” che altera l’abituale dislocazione dei poteri e invoca circuiti di decisione alternativi rispetto ai normali canali della rappresentanza. Si diffonde un uso improprio del referendum che perde efficacia abrogativa senza acquisire una reale capacità propositiva. La logica chirurgica del referendum può, se impiagata con indebita estensione in materie di rilevanza istituzionale, produrre alterazioni profonde nell’articolazione dei poteri, nel delicato equilibrio tra pesi e contrappesi.
L’introduzione della formula maggioritaria ha lasciato del tutto sguarnito lo spinoso problema della garanzie favorendo l’emersione di insani appetiti di maggioranza.
Il referendum abrogativo della legge proporzionale si è rivelato un fattor scatenante della crisi che ha destrutturato i vecchi equilibri costituzionali senza ricostruire un pacchetto di solide garanzie valide nella democrazia maggioritaria. Il maggioritario di fatto ha trasformato una Costituzione rigida, per via di una storia densa di rotture e fragile di condivisione delle regole e quindi bisognosa delle tecniche di rassicurazione e di rallentamento costruite dalla proporzionale, in un Costituzione flessibile che però opera sul terreno scivoloso dell’assenza di convenzioni, regole, pronunciamenti giudiziari che ostacolano ogni deriva del potere maggioritario.

Tratto da RAPPRESENTANZA POLITICA E GOVERNABILITÀ di Laura Polizzi
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