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L'isola da Poe ad Huxley

L'isola, da Defoe a Stevenson è un luogo acconcio all'immaginario esotico; è forse l'allegoria dell'individuo borghese, che pensa a sè come a un'isola sociale. Ancora nell'Ottocento, l'isola si tinge di nero con Poe. In The Narrative of Arthur Gordon Pym of Nantucket (1838), Gordon, alla fine della storia, sbarca su un'isola abitata da un popolo che sterminerà l'equipaggio. Lasciata l'isola, Pym e l'amico Peters si dirigono verso il polo e, tra strani fenomeni, il testo si interrompe.

Ancora un'isola inquietante affiora in The Island of Dr. Moreau (1896) del fondatore della fantascienza Wells. Sbarcato nell'isola, il protagonista scopre che gli abitanti dai tratti mostruosi sono incroci prodotti dal Dottor Moreau al prezzo di operazioni sugli animali. Fallita l'operazione, il Dottore viene ucciso; dopo essersi abbrutito, il protagonista riesce a lasciare l'isola. L'isola, anche ai nostri giorni, continuerà a essere laboratorio degli esperimenti sociali e del loro fallimento.

In Island (1962), Huxley racconta di un'isola in cui, grazie alla sua inaccessibilità, si è sviluppata una civiltà sintesi dei pensieri occidentale e orientale: convivenza pacifica ed economia sostenibile. L'isola non può però reggere l'assedio del mondo civilizzato attirato dal petrolio.

Tratto da "SCRITTURE DELLA CATASTROFE" DI MUZZIOLI di Domenico Valenza
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