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Il codice civile austriaco del 1811: Allgemeines Bűrgerliches Gesetsbuch Fűr Die Deutschen Erblande (ABGB)


Come si è anticipato trattando del codice prussiano, anche in Austria la codificazione ha alle spalle il giusnaturalismo razionalista di sovrani illuminati.
L’iniziativa di codificare il diritto civile venne infatti da Maria Teresa: si tratta di un codice longevo, ancora oggi in vigore in Austria, sia pure in forma parziale.
L’opera di codificazione iniziò nel 1753, con la nomina di una Commissione incaricata di redigere un codice del solo diritto privato che tenesse conto del diritto romano e del diritto della ragione, e che unificasse il soggetto di diritto (diversamente da quanto accadeva in Prussia).
Il risultato dei lavori della Commissione fu un primo progetto presentato nel 1766.
Maria Teresa respinse questo primo progetto e, nel 1772, nominò una seconda Commissione: nel 1786, sotto l’Imperatore Giuseppe II, venne pubblicata la prima parte di un codice.
Con Leopoldo II l’opera di codificazione proseguì sotto la guida di Carl Anton Von Martini, il cui progetto, presentato nel 1796, fu promulgato in via sperimentale nella Galizia Occidentale e successivamente anche nella Galizia Orientale.
Della sperimentazione dei pareri, tenne conto l’ultima Commissione, nominata nel 1801 e presieduta dal Conte Rottenhann, ma fortemente influenzata dalla presenza di Franz Von Zeiller, allievo di Von Martini.
Respinto e riesaminato per ben tre volte, il codice fu finalmente promulgato nel 1811.
Benché diverso (diverse tradizioni e cultura giuridica, diverse vicende da cui emergono, diversa disciplina degli istituti), l’ABGB ha tuttavia molti punti di contatto con il Code Napoléon.
La matrice kantiana dell’ABGB è chiaramente visibile nella preferenza verso forme di governo che assicurano una legislazione comune sancendo l’uguaglianza dei cittadini fra di loro e nei confronti dello Stato, e nella peculiare concezione dell’individuo e dell’autonomia che irrinunciabilmente gli compete.
Forte è il risalto esplicito che ancora conserva il richiamo al giusnaturalismo: così il § 7 dell’ABGB, per colmare le lacune legislative, dopo l’analogia consente, se necessario, il ricorso ai “principi del diritto naturale, avuto riguardo alle circostanze raccolte con diligenza e maturamente ponderate”; il § 10 esclude dal sistema delle fonti le norme consuetudinarie “se non nei casi nei quali la legge si riporta alle medesime” e dichiara che all’individuo competono “diritti innati che si conoscono con la sola ragione”, indipendenti cioè da contingenze storico-politiche, diritti che l’ordinamento non può vanificare.
Grande è anche in questo codice il rilievo attribuito alla proprietà: “la proprietà considerata come diritto è la facoltà di disporre a piacimento ed a esclusione di ogni altro della sostanza e degli utili di una cosa”.
   

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