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La filosofia alla base del Bűrgerliches Gesetzbuch (BGB)


Il BGB chiude l’epoca delle vittorie del liberalismo.
In un certo senso il BGB è rappresentativo di un mondo in via di dissoluzione, di una storia già consumata.
E’ un codice conservatore che non attribuisce alcun compito sociale al diritto privato.
Questo atteggiamento si riflette sulla struttura patriarcale del diritto di famiglia, insensibile ai primi fermenti di emancipazione della donna; sul rapporto di lavoro ancora ignaro della nuova industria e del nuovo sindacalismo; ecc…
Il BGB aspira a prospettare un sistema chiuso caratterizzato da:
a. definitività, in quanto la costruzione dogmatica si avvale di concetti immutabili e conclusivi;
b. completezza, in quanto si nega che possano esistere lacune;
c. esclusività, in quanto l’interprete può riferirsi a precetti diversi dalla legge solo in casi tassativi.
Ciò comporta l’esclusione della consuetudine e il primato assoluto della legge nel sistema delle fonti, la drastica identificazione tra diritto e legge, non più intesa in senso illuministico ma come manifestazione della ragione dello Stato da osservare più per la forma, per la sorgente da cui trae validità, che per il suo contenuto.
La valvola di sfogo di questo sistema è costituita dalle clausole generali.
Naturalmente, le clausole generali un pericolo lo nascondono.
Se la disciplina dogmatica del giudice si allenta, c’è il rischio che si affermi la tentazione di “fuga nelle clausole generali” e che si favorisca la nascita di una giurisprudenza equitativa priva di principi guida, soprattutto facile in periodi di dittatura, quando i giudici e la giurisprudenza sotto esposti a pressioni politiche e ideologiche.

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