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Gli effetti della cultura sulla crescita economica: ricerche comparate


Weber negli scritti contenuti nella Sociologia Della Religione (1920) svolge un'analisi comparata delle religioni universali, allo scopo di trovare una conferma della tesi dell'influenza del protestantesimo sullo sviluppo capitalistico estendendola ad altri contesti sociali, non più limitati all'Occidente europeo, ma in una prospettiva storico-universale. Una sorta di conferma al contrario, in quanto Weber mostra che le religioni della tradizione Asiatica e Mediorientale hanno ostacolato lo sviluppo del razionalismo economico, tipico del capitalismo moderno, favorendo invece un'etica economica tradizionalistica.
Riconduce l'inclinazione al tradizionalismo di queste religioni al fatto che manchi una profezia etica, come si è affermata, invece, nell'ebraismo e nel cristianesimo, dove il profeta si presenta come inviato da Dio per predicare dei comandamenti che impongono degli obblighi morali generali, rivolti cioè sia all'elite intellettuali sia alle masse dei credenti, che devono seguirli se vogliono raggiungere la salvezza.
Nelle religioni orientali, si è invece affermata una profezia esemplare, che non impone obblighi morali ma indica con l'esempio la strada da seguire (es. del buddhismo).
Tra le religioni universali è stato il confucianesimo, tipico della moderna società cinese, che non ha sviluppato nessuna profezia di redenzione, a costituire il maggiore ostacolo alla formazione di un comportamento economico razionale e allo sviluppo di un'economia capitalistica.
Weber contrappone il sistema di valori confuciano a quello del protestantesimo ascetico, mostrando il diverso ruolo, positivo in un caso, negativo nell'altro, che essi hanno avuto sull’agire economico. La differenza principale consiste nel fatto che il razionalismo confuciano era costituito da un insieme di massime politiche e di regole di buon comportamento sociale per uomini di mondo colti. L'uomo ideale confuciano era il gentiluomo che adempiva ai doveri tramandati, e la virtù principale era costituita dal rispetto del decoro cerimoniale rituale.
Permaneva dunque una religiosità magica che si esprimeva in un insieme di valori centrati sul culto degli antenati e sulla devozione verso la famiglia, fondata sulla credenza di spiriti. La devozione familiare era la più importante rispetto a tutti gli altri doveri. Contrariamente all'etica puritana, l'etica confuciana ha consentito che nella società cinese dominasse una coesione dei gruppi parentali.
Weber pone l'accento sui limiti che nella società cinese aveva la fiducia, che condizionavano in maniera favorevole lo sviluppo di un'economia che andasse oltre alla cerchia ristretta della comunità naturale del gruppo parentale. La rottura di questi limiti caratterizzava invece le associazioni religiose protestanti, in cui si è affermata la superiorità della comunità di fede nei confronti della comunità di sangue, persino nei confronti della famiglia.
Fukuyama (1995) basandosi sull'analisi di Weber, pone l'accento sulla fiducia, intesa come disponibilità alla cooperazione, che ritiene sia fondata nel tessuto associativo e faccia parte della tradizione culturale dei diversi paesi. Distingue tra società "familistiche", in cui dominano reti sociali ristrette all'ambito familiare e parentale, caratterizzate da forme di fiducia limitata, e società con un tessuto sociale più allargato, formato da gruppi e associazioni che vanno oltre il ristretto ambito della famiglia, caratterizzate da "alti livelli di fiducia". Ha condotto un'indagine comparata di quattro società familistiche, a basso livello di fiducia, la Cina, la Francia, l'Italia e la Corea del sud, e di tre società con elevato capitale sociale ed alto livello di fiducia, il Giappone, la Germania e gli Stati Uniti. Ha dimostrato, che sono le prime ad avere sperimentato la difficoltà di creare grandi organizzazioni economiche che vadano oltre la dimensione familiare e che, in ciascuna di esse, lo Stato e dovuto intervenire per creare delle imprese competitive. Nelle seconde, al contrario, vengono create spontaneamente grandi imprese e comuni che non hanno bisogno del supporto dello Stato.
Molte altre ricerche hanno condotto un'analisi comparata tra paesi sviluppati e sottosviluppati, affrontando la questione se siano i fattori culturali a influenzare lo sviluppo economico. Inglehart (1996), ispirandosi alla tesi di Weber, ha elaborato un indice della motivazione al successo tratto da una lista di qualità a cui i bambini vengono educati in famiglia tra cui gli intervistati di ciascun paese erano chiamati a scegliere. L'ipotesi è che società diverse mettano l'accento su valori diversi nell'educare i propri figli e che tali valori siano in relazione con i tassi di crescita. L'ipotesi è stata confermata, perché è risultata una correlazione statistica molto forte tra motivazione al successo e tassi di crescita economica registrati tra il 1960 e il 1990. Utilizzando l'analisi multivariata, è stato in grado di mettere a confronto il peso che i fattori economici e quelli culturali hanno rispettivamente sullo sviluppo economico. Il ruolo dei fattori economici è confermato, in quanto sia l'investimento in capitale umano sia l'incremento del tasso di investimento in capitale materiale accrescono significativamente il tasso di crescita economica. In questo modello Inglehart ha introdotto anche i valori post-materialisti, cioè quei valori che danno la priorità all'autorealizzazione, difesa della natura e qualità della vita, che si stanno diffondendo nelle società post-moderne, e si può vedere come questi presentino una correlazione negativa con la crescita economica.

Tratto da SOCIOLOGIA DEI PROCESSI CULTURALI di Manuela Floris
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