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PARTECIPARE CONSUMANDO


Secondo lo studio di Putnam, si assiste ad un declino del capitale sociale ( = relazioni fiduciarie e dei legami solidaristici) e della partecipazione politica.
Crisi generalizzata dei meccanismi con cui i cittadini hanno tradizionalmente preso parte, in passato, alla vita pubblica.
Il problema di partenza è dato da una riflessione di Putnam sul fatto che nella società contemporanea si assiste ad una drastica riduzione di due risorse chiave sociali:
- capitale sociale;
- partecipazione sociale.
Per capitale sociale si intende un concetto degli anni ‘80 che identifica le relazioni interpersonali o interorganizzative che sulla base della conoscenza diretta supportano relazioni di solidarietà e di fiducia.
Il capitale sociale si riduce perché diminuiscono le occasioni di conoscenza diretta fra le persone; tutta una serie di relazioni assumono caratteri esclusivamente formali (difficoltà di conoscere gli altri interlocutori per un’impresa globale).
Si parla invece di partecipazione politica/sociale in relazione alla quantità e alla qualità dell’impegno personale in attività di carattere pubblico.
L’effetto fondamentale è una crisi generalizzata dei meccanismi attraverso i quali i cittadini partecipano alla vita collettiva. Si assiste al fenomeno dell’individualizzazione.
Gli autori (Massimo Lori e Federica Volpi) partono da questa considerazione di Putnam cercando di individuare le motivazioni per cui prende forma questa riduzione: individuano queste ragioni in un mutamento della grammatica della partecipazione sociale, cioè degli attori che popolano la socialità, dei mezzi con cui si costruisce la realtà collettiva, e soprattutto degli obiettivi con cui si esercita la cittadinanza.
Cambiano il profilo delle organizzazioni collettive (si passa da organizzazioni di rappresentanza come partiti e sindacati, a forme di impegno in prima persona come le associazioni civiche, il volontariato), cambiano i repertori d’azione, cioè gli strumenti (si usa meno il voto politico e più le pratiche quotidiane, come il consumo), cambiano gli obiettivi della protesta, in quanto si passa da un interesse auto-centrato ad un interesse definito relazionalmente (considero il mio benessere, ma valuto anche l’impatto di questo benessere sulla realtà che mi circonda).
Questo mutamento delle grammatiche può essere riassunto in un passaggio, cioè nella trasformazione del cittadino, della persona in consumatore. Si gode di diritti in quanto si è persona che consuma.
Qual è la cittadinanza che esprimono i consumatori responsabili?

Analisi di 4 relazioni

Consumo responsabile è …
- Appartenenza alle collettività territoriali
- Attività per sentirsi cittadino in senso pieno
- Propensione ad informarsi
- Conversazioni su temi sociali e politici
- Ricorso a tavole di contingenza
Ma qual è la cittadinanza che esprimono i consumatori responsabili, critici, pronti a far sentire la loro voce? Come partecipano alla vita sociale?
I due autori vanno ad analizzare quattro legami per rispondere, tramite un’analisi empirica, tramite questionari che sono stati in seguito elaborati per vedere il legame che intercorre tra il consumo e altre quattro dimensioni: queste quattro dimensioni sono:
- il senso di appartenenza della persona alle collettività territoriali;
- le attività che svolgo per sentirmi cittadino, parte della società;
- la propensione, l’impegno ad informarsi;
- l’impegno dedicato a conversazioni, a colloqui su temi sociali e politici, di attualità.
Si va a mettere in relazione la tipologia di consumo critico/non critico con ciascuna di queste dimensioni.
Si utilizza lo strumento della tavola di contingenza: è una tabella a doppia entrata, con la variabile del consumo critico in colonna e via via in riga si analizza ogni singola dimensione.
- Esiste una relazione stretta fra l’essere consumatore responsabile e le forme di appartenenza territoriale in cui mi riconosco: i comportamenti dei tre gruppi sono significativamente diversi; confrontando il comportamento dei consumatori che non conoscono le forme di consumo responsabile o che non si interessano a forme di consumo responsabile mi accorgo che sono soggetti che hanno un’idea di appartenenza fortemente ancorata allo Stato/Nazione (si riconoscono nell’idea di essere Italiani o nella città in cui vivono). Il radicamento nelle collettività moderne è difatti più forte.
Diversa è la posizione dei consumatori responsabili; difatti vivono in una posizione “glocal”, cioè di ponte tra il locale e il globale: rimane importante il sentirsi Italiani, ma sale la percentuale dei soggetti che si riconoscono come cittadini del Mondo.
La relazione è molto forte fra queste due variabili, e in particolare la visione del Mondo è un sentimento che unisce il locale con il globale, che media la vicinanza con la propria comunità con l’interesse verso il resto del Mondo.
- Nella seconda tabella si contemplano le attività che la persona deve svolgere per essere riconosciuta e riconoscersi come cittadino modello, cittadino in senso pieno. Sono tutte attività che hanno a che fare con il benessere collettivo.
Esiste una forte relazione fra l’essere consumatori responsabili e lo svolgere attività di cittadinanza, però in questo caso occorre notare come entrambi svolgono attività di cittadinanza, ma attività diverse: se guardo a chi non conosce o chi non si interessa al consumo critico, le due modalità più gettonate sono il rispettare le leggi e l’essere attivi dal punto di vista lavorativo. Si nota che una percentuale elevata di cittadini che non si interessano al consumo critico vedono nel voto politico uno strumento per modificare i modelli di sviluppo.
Focalizzando l’attenzione sui consumatori responsabili, mi accorgo che il consumatore responsabile vede la sua cittadinanza espressa tramite due forme alternative: il partecipare direttamente alle decisioni della comunità in cui si vive, tramite ad esempio associazioni civiche, e l’essere impegnato in associazioni sociali.
Non è che il cittadino responsabile non vada a pagare le tasse o non ritenga importante rispettare le leggi; egli non vede la sua cittadinanza esaurita da queste due componenti.
Salgono le forme di impegno in prima persona.
- La terza dimensione è quella della propensione ad informarsi (no tabella sul libro).
Se parliamo del rapporto tra consumo critico e la propensione ad informarsi, si nota come sia possibile usare due indicatori:
- indicatore di partecipazione politica potenziale: è legato alla raccolta di notizie. Mi informo sui problemi, ed è un impegno latente, trasversale e anche poco costoso, poco faticoso; non esige difatti molto tempo informarsi su quelli che sono i problemi della società.
Esiste una netta differenza tra i comportamenti dei consumatori responsabili e i comportamenti dei consumatori che non si interessano o non conoscono il consumo responsabile: i soggetti responsabili sono più informati e da questa maggiore informazione ricavano una maggiore capacità di rivendicare o di modificare il modello di sviluppo.
Si insiste sulla circolarità del legame, cioè l’aumento di informazione genera capacità d’azione, e la capacità d’azione ritorna influenzando positivamente la possibilità di informarsi, di accrescere la propria conoscenza.
Come si informa il consumatore responsabile? E’ maggiormente impegnato nella lettura di quotidiani e settimanali che si occupano di problemi sociali e politici.
Ciò non basta: la maggior parte dei consumatori responsabili tende a sfruttare tutte le opportunità che gli vengono offerte dalla rete internet, reperendo autonomamente informazioni sulla rete, tramite siti di controinformazione, partecipando a tutta una serie di liste di discussione.
Quindi il consumatore critico tende non solo ad integrare più canali di partecipazione ed informazione, ma tende ad affiancare le possibilità di informazione e di partecipazione nella rete e fuori la rete (il consumatore responsabile non è solo colui che va in rete a ricercare le informazioni, ma è colui che nel momento in cui esiste un blog vi partecipa, e quando sa che nella sua città c’è un incontro, va a frequentarlo: esempio dei mercatini).
Ciò ci porta a riconoscere nuovamente una forte circolarità della relazione: cioè il consumatore responsabile ha un forte aumento delle abilità di selezione delle risorse utili, e questo aumento di abilità selettive si traduce in un accrescimento dell’atteggiamento critico, e soprattutto nell’interesse a quella che è la controinformazione.
- la controinformazione è quell’informazione diffusa in maniera indipendente dai portatori di interesse (dai gruppi di consumatori che mettono in rete le loro impressioni).
I consumatori responsabili risultano più attivi, anche grazie alla rete, con una più forte propensione partecipativa.
- Il consumatore responsabile è una persona più attiva, più coinvolta anche sul fronte del dibattito, della discussione sui temi sociali.
Abbiamo di nuovo due indicatori: una contempla il rapporto con il consumo responsabile, e l’altra invece la propensione valutata tramite una scala di frequenza: i consumatori non responsabili o non interessati al consumo responsabile sono generalmente meno propensi a discutere con altri su temi politici o sociali.
Possiamo immaginare che una delle variabili rilevanti di questo risultato sarà probabilmente di nuovo l’informazione: chi è più informato è anche un soggetto generalmente più propenso a discutere, a dibattere; troviamo nuovamente una circolarità della relazione: informazione genera propensione al dibattito, e dibattito genera informazione.
Il confronto ha un grosso vantaggio: quello di garantire a questi consumatori responsabili la possibilità di confrontarsi con altre persone, di paragonare punti di vista e di sviluppare argomentazioni a favore del consumo responsabile.
Sempre nell’ambito di questa attività abbiamo la variabile della partecipazione politica latente: è la volontà di informarsi, la volontà di dibattere con altri; può anche risultare interessante andare a verificare il diretto coinvolgimento della persona in attività politiche.
Anche in questo caso troviamo che i consumatori responsabili sono più attivi in prima persona nella sfera politica: solo l’1,6 % di chi non conosce il consumo critico ha una carica politica, mentre i valori salgono a 6,2 % per chi non lo pratica in quanto non interessato, e sale fino al 9,6 % per chi è consumatore responsabile:c gran parte però dei consumatori responsabili si tiene però informato, partecipi tramite l’informazione politica, cioè a volte partecipa a blog, forum che veicolano informazioni sulla politica.
L’ultima tabella riguarda la correlazione tra consumo responsabile e l’impegno in associazioni: anche in questo caso tutti i valori di partecipazione sono più alti nel caso di consumatori responsabili, ma è più alta particolare la partecipazione all’associazionismo sociale, cioè a quei gruppi che hanno come “mission” la risoluzione di problemi concreti.
La tabella riporta anche quali siano le associazioni più gettonate: quelle pacifiste e quella della cooperazione sociale, sottolineando così quella appartenenza local del consumatore responsabile: è la duplice attenzione fra l’interesse locale e il mondo nel suo complesso.

Quale relazione intercorre tra i consumatori responsabili e le forme di partecipazione politica, distinguendo tra forme di partecipazione convenzionali e forme di partecipazione non convenzionali?
Le forme di partecipazioni convenzionali riguardano il diretto coinvolgimento in campagne elettorali, in donazioni a favore di partiti e sindacati, in discussioni con candidati, o comunque in meccanismi di segnalazione di problemi alle autorità.
Per contro i meccanismi della partecipazione non convenzionale sono quelli che hanno a che fare con manifestazioni, boicottaggi, scioperi senza autorizzazione e occupazioni.
Per analizzare questa relazione i produttori fanno ricorso ad una mappa in cui inseriscono il grado di partecipazione sull’asse verticale, e in orizzontale le forme di partecipazione: grazie alla proiezione sul piano dei vari gruppi (consumatori responsabili, non interessati o che non conoscono) si ottengono risultati interessanti: esiste difatti una netta distinzione riguardo al grado di partecipazione politica dei consumatori responsabili: sono molto più attivi politicamente, e si collocano in genere nei due quadranti superiori, dove il livello di partecipazione è molto alto, mentre al contrario i soggetti non interessati o non responsabili si posizionano nella parte bassa.
I soggetti che dichiarano di non conoscere il consumo responsabile di solito presentano bassa partecipazione, e comunque lungo forme convenzionali, mentre i soggetti che dichiarano di non essere interessati si posizionano su un grado sempre basso di partecipazione, prettamente però ancorato a forme non convenzionali.
Esiste una discreta differenza, anche se questa differenza riferita alle forme non risulta statisticamente significativa: significa che posso essere sicuro di aver verificato la mia ipotesi che i consumatori responsabili siano più attivi politicamente, ma non posso altrettanto dire che sia diverso il modo di partecipare fra i responsabili e i non responsabili. Esistono differenze, ma non significative.
L’ultima domanda posta dagli autori si riferisce a quali siano le relazioni, le motivazioni che giustificano l’impegno dei consumatori su tematiche di consumo critico; etichettano queste motivazioni con il termine cosmologie. Per cosmologie si indica la rappresentazione che le persone hanno del problema, del fattore scatenante.
I due autori ricorrono alla letteratura, scoprendo che il dibattito viene ricostruito in base a tre cosmologie, a tre rappresentazioni: sono tre cosmologie articolate, sono rappresentazioni globali del problema che internamente richiamano ad una serie di fattori esplicativi:
- critica della razionalità economica: i problemi legati allo sviluppo o all’insostenibilità dello sviluppo della società contemporanea sono generati dall’eccessivo peso attribuito alla razionalità, e in particolare all’interesse ego-riferito. Questa cosmologia può essere rappresentata attraverso l’individuazione di più fattori di razionalità (ad esempio gli interessi economici prevalgono sui bisogni; il libero mercato sfrutta le persone…). Questi autori si propongono di rilevare empiricamente l’esistenza dell’interesse dei consumatori responsabili verso questa cosmologia considerando una batteria di indicatori che contemplano gli assunti chiave di questa spiegazione;
- riferimento all’idea di società del rischio: è un modello in cui la principale causa di insostenibilità è generata dall’aumento delle fonti di rischio, dal fatto che il rischio diventi più pervasivo, colpendo in maniera indistinta le persone che hanno colpa e non, e soprattutto che questo rischio sia sempre meno controllabile per mezzo di assicurazioni o dei meccanismi della finanza. Anche in questo caso si individuano gli assunti chiave, trasformandoli in indicatori, e vanno a chiedere ai singoli individui intervistati il loro grado di accordo o disaccordo rispetto alle affermazioni (legate qui alle principali forme di rischio ambientale); ultimamente questo paradigma comincia ad interessarsi anche ai problemi degli choc della finanza;
- parte dall’idea che l’insostenibilità sia originata dai processi di globalizzazione: è la creazione di un mercato transnazionale a definire l’insostenibilità del modello di sviluppo. Anche qui andiamo a ricostruire l’approccio, le spiegazioni in base alle quali la globalizzazione genera l’insostenibilità del modello di sviluppo: successivamente sottoponiamo queste affermazioni come indicatori, misurando il grado di accordo o disaccordo.
Potremmo citare dei dati riferiti ai singoli universi, parlando di accordo o disaccordo sulle singole affermazioni; tuttavia sarebbe un’analisi poco interessante, in quanto a noi interessa capire quale delle tre spiegazioni o cosmologie meglio si adatti al pensiero dei consumatori responsabili; per questo motivo gli autori utilizzano un’analisi statistica complessa chiamata regressione logistica (metodo multidimensionale basato sull’analisi delle correlazioni fra tutti i fattori che costituiscono una cosmologia); da qui scoprono che valutando il grado di accordo o disaccordo con le singole affermazioni, la spiegazione più coerente con i valori dei consumatori responsabili è la seconda, cioè quella che fa riferimento alla società del rischio: i consumatori diventano in altri termini responsabili perché preoccupati dei rischi e dell’impatto socioambientale del nostro modello di sviluppo; lo si evince dal fatto che il valore più alto della regressione logistica è quello associato alla seconda cosmologia (0,657 su un valore massimo di 1), anche in virtù del livello di significatività espresso dalla percentuale laterale.
A tuttoggi il consumo responsabile è prevalentemente di matrice ecologica, che si riconosce nella ricerca della naturalità, nella sfera dell’ambiente. E’ interessante notare inoltre come le altre due spiegazioni (critica della razionalità economica e globalizzazione) sono presenti, colgono una quota di consumatori responsabili: lo si percepisce dai loro valori di regressione logistica.
Questa tabella è importante in quanto insegna alle imprese quale sia il modello di responsabilità dei consumatori, offrendo degli spunti per declinare la loro responsabilità sociale: ci sono difatti molte più possibilità di aumentare le quote di mercato se si investe sulla dimensioni ecologiche che non su altre come la critica alle multinazionali o la critica al mercato globale.

Tratto da SOCIOLOGIA DEI PROCESSI ECONOMICI di Andrea Balla
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