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Massimo Paci, riflessioni sul binomio sicurezza e libertà

Massimo Paci ci invita a riflettere sul binomio “sicurezza e libertà”, intese come esigenze insopprimibili. E lo fa introducendo due concetti alquanto innovativi: quello di società attiva; e quello di processo di individualizzazione. Due concetti interconnessi e che caratterizzano le grandi trasformazioni che hanno investito il mondo del lavoro e mandato in crisi i tradizionali modelli di protezione sociale.
Paci passa in rapida rassegna le chiavi interpretative più accreditate circa le possibili definizioni di una società, quale quella attuale, “…meno strutturata, o, più esattamente in via di continua e accelerata destrutturazione e ristrutturazione”. A questo riguardo Cita Sennet (2001) che riferisce di una “società a termine”; Bagnasco (2003) che parla di “società fuori squadra” per segnalare lo sfasamento tra i diversi sottosistemi sociali, e giudica sintomatico il ricorso che fanno Barman (2001) e Beck (2000) che preferiscono parlare di “società tardo moderna”.
Queste ultime suggestioni consentono a Paci di avviare due riflessioni: con la prima assume il paradigma secondo il quale la progressiva uscita da una concezione della storia centrata sulla società industriale ci offre una visione della modernizzazione occidentale di più ampio respiro, nella quale “…più che alla rivoluzione industriale come fase di rottura con la società tradizionale, si guarda…all’illuminismo e alle Dichiarazioni, americana e francese, dei diritti dell’uomo…”.
In secondo luogo, osserva che i tratti distintivi della visione centrata sulla società industriale erano costituiti da forti identità e strutture collettive, mentre una visione più ampia della modernizzazione mette al centro il “…processo di individualizzazione, come affrancamento dell’individuo dalle appartenenze obbligata…” o per dirla con Habermas <<inteso come crescita della consapevolezza, autonomia, e autodeterminazioni universali>>.
È con questo approccio da scienziato sociale che Massimo Paci ci propone il superamento di definizioni quali società postindustriale o neoindustriale per approdare alla nozione di <<società attiva>>.
Per tutta la fase delle società industriali, il fenomeno di individualizzazione ha riguardato essenzialmente la classe borghese che si è elevata e realizzata tramite il nuovo processo, dunque durante questa fase il processo della modernità  si compie solo a metà, i senza proprietà, i proletari dovranno passare con gli anni verso tante tappe di conquiste sociali , per affacciarsi alle tematica di libertà sostanziale e autorealizzazione di sé, questo vale anche per le donne ridotte a guardiane della casa e faccendiere di famiglia, per molto tempo. Anche se in questo periodo l’accesso ai consumi di massa permesso agli operai dal loro salario, in un certo senso è stato come un mini processo di individualizzazione, tutta via effimero e solo superficiale.
Ci appare particolarmente convincente la segnalazione dell’autore circa le deformazioni per così dire “di destra” e di sinistra” operate nei confronti del processo di individualizzazione.
La prima si rifà alla concezione neoliberista della libertà individuale intesa come libertà da ogni vincolo e regola, e come promessa dell’arricchimento individuale con il primato assoluto del mercato.
Sull’altro versante, il processo di individualizzazione non è stato colto da ampi settori della cultura della sinistra europea come una possibilità effettiva di autorealizzazione lavorativa e di capacità di controllo della propria vita da parte delle persone.

Tratto da SOCIOLOGIA DEL LAVORO di Antonio Grisolia
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