Sociologia delle periferie
È interessante notare in questi casi la scelta della piccola dimensione, ovvero di universi circoscritti, per indagare dinamiche urbane più ampie.
Nei primi anni Sessanta si insiste sulle condizioni di vita nelle periferie e sulle ripercussioni che la monotonia delle periferie ha sugli abitanti sotto il profilo delle mentalità.
Le periferie oggi sono luoghi problematici in quanto sono i luoghi dell’esclusione e della marginalizzazione, in cui sono presenti degrado e segregazione sociale che diventano una sorta di contenitori di un’umanità inutile mentre dovrebbe essere il luogo da cui può ripartire un discorso più ampio sull’eguaglianza di diritti.
C’è l’esigenza di ripensare i rapporti tra grandi agglomerazioni metropolitane, economie e società e per farlo occorre ripercorre le tappe fondamentali.
Gli anni Settanta rappresentano una rottura rispetto il modello tradizionale di interpretare la città e il suo ruolo nell’economia, vengono a meno le teorie di Christaller e di Castells e si assiste alla trasformazione che getta le basi della globalizzazione attraverso i cambiamenti della struttura produttiva che si riflette in termini spaziali-territoriali.
• Città mondiali, ipotesi avanzata da John Friedman a metà degli anni Ottanta, e si riferisce ad una rete di città organizzate orizzontalmente e strettamente collegate tra loro in cui si concentra il potere di comando, diventa decisivo comprendere la relazione interurbana ovvero i rapporti tra le città e il loro ruolo nella divisione spaziale del lavoro.
Rappresentano i luoghi di accumulazione e di concentrazione del capitale internazionale e fungono da poli di attrazione in questo modo le città delle stelle in una costellazione che stava appena cominciano a profilarsi ovvero post nazionale.
Si viene a delineare anche una nuova classe sociale, ovvero la classe globale composta da specialisti iperqualificati e caratterizzata da un’alta mobilità internazionale.
Le città globali sono autonome rispetto al loro retroterra produttivo ma anche rispetto alla nazione in cui sorgono, un problema riguarda la periferia che si viene a creare ovvero tutto ciò che rimane fuori dalle reti che si vanno tessendo.
• Città globali, ipotesi sviluppata da Saskia Sassen poco dopo il concetto di città globali e viene messo in evidenza il fatto le reti planetarie fanno capo a nodi decisivi e che il controllo esercitato si realizza mediante la produzione di servizi, il motore che rende possibile la crescita metropolitana è il capitale intellettuale che non è prodotto soltanto dalla classe globale.
• Mega-città si tratta delle enormi agglomerazioni urbane terzomondiali, ovvero quelle città che non sono posizionate ai vertici della gerarchia planetaria.
Svolgono un ruolo ambiguo ovvero è in atto un processo globale per cui alcune mega-città sono vincolate all’economia globale ma sono luoghi in cui si hanno gli indici di povertà più elevata mentre altre mega-città appaiono perfettamente globalizzate ma rappresentano isole in un oceano di libertà.
Il XXI secolo è il secolo in cui la maggioranza della popolazione vive in grandi agglomerazioni urbane infatti la città continua ad apparire ai migranti come l’unica soluzione per scappare dalla povertà urbana ma i modelli di città che si stanno diffondendo si differenziano sempre di più con quelli del passato ne sono un esempio le mega-città terzomondiali che più che macchine produttive sono contenitori di povertà estrema e disoccupazione.
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Dettagli appunto:
- Autore: Francesca Zoia
- Università: Politecnico di Milano
- Facoltà: Architettura
- Corso: Progettazione Architettonica
- Esame: Sociologia della città
- Docente: Agostino Petrillo
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