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L'industria italiana degli anni '60


GEOGRAFIE INDUSTRIALI. Al 1963, ha scritto Eugenio Scalfari, l'Italia industriale non era più un triangolo, era diventata una cometa: un centro sempre localizzato tra Piemonte e Lombardia ma con una lunga coda che investiva tutta la valle padana, fino a Porto Marghera e Bologna e Ravenna. A distanza d'anni, l'intelaiatura che allora iniziò a delinearsi appare molto più complessa, con articolazioni diversamente significative nell'Italia centrale e meridionale.
A voler scegliere una data d'avvio dei processi che portano al miracolo si potrebbe scegliere il 1953, isolando quattro eventi di fondamentale importanza:
- la ristrutturazione da parte di Sinigaglia della Finsider, che sostanzialmente rifonda la siderurgia nazionale offrendo acciaio a prezzi competitivi all'industria meccanica
- la nascita dell'ENI da parte di Mattei, cui è affidato lo sfruttamento dei giacimenti di metano nel Polesine
- l'investimento di trecento miliardi della Fiat per la costruzione dello stabilimento di Mirafiori, dalle cui catene uscirà nel 1955 la Seicento
- l'approvazione della legge per lo sviluppo del credito industriale nell'Italia meridionale e insulare, primo passo verso quella del 1957 che preciserà meglio gli incentivi e gli obiettivi di industrializzazione del Mezzogiorno.
I settori trainanti sono subito quelli dell'automobile, della chimica e della petrolchiimica. A Ravenna si impianta lo stabilimento Anic, che dà un impulso decisivo alla fabbricazione italiana di gomma sintetica e fertilizzanti, così che l'ENI possa fissare un prezzo nazionale dei fertilizzanti inferiore del 15% sferrando un duro colpo alla Montecatini. La Montecatini, intanto, opera a Ferrara, producendo un nuovo tipo di plastica dura creata con le ricerche del premio Nobel Giulio Natta ; il Moplen contribuirà non poco a mutare arredi e abitudini domestiche.
Un settore fortissimo è poi quello meccanico, produttore di elettrodomestici e apparecchiature di largo consumo, fatto di aziende come la Piaggio (dove ci si impegnava alle dimissioni in caso di matrimonio), la Candy (orari di lavoro incontrollati e costellati da infortuni, senza l'ombra di commissioni o scioperi), la Ignis, la Merloni, la Zanussi eccetera. Queste aziende, piccole, flessibili, paternali e dal basso costo del lavoro, costituiscono il modello di larga parte delle fabbriche italiane di elettrodomestici, che impiantano stabilimenti spesso in zone ove mancano tradizioni sindacali.

Tratto da STORIA CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
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