Skip to content

Le origini del movimento studentesco 1967- 1968

Le origini del movimento studentesco 1967- 1968




L'epoca dell'azione collettiva: 1968 – 1973


Dal 1968 in avanti l'inerzia dei vertici viene sostituita dall'attività della base. Quello che seguì fu un periodo di straordinario fermento sociale, la più grande stagione di azione collettiva nella storia della Repubblica. L'Italia non eguagliò certamente i fatti del maggio '68 in Francia ma il movimento di protesta italiano fu il più profondo e duraturo d'Europa, diffondendosi dalle università e dalle scuole nelle fabbriche e poi in tutta la società
Le origini del movimento devono essere rintracciate nelle riforme scolastiche degli anni '60. L'introduzione della scuola media dell'obbligo estesa fino ai 14 anni, nel 1962, aveva per la prima volta creato un sistema di istruzione a livello di massa che andava oltre la scuola primaria. C'erano molte lacune in tale sistema ma si aprirono comunque nuovi orizzonti per migliaia di ragazzi del ceto medio e della classe operaia, molti dei quali proseguirono gli studi fino all'università, considerato che nel frattempo alcuni provvedimenti legislativi avevano favorito il processo. Questo però, in una situazione universitaria fragilissima, fu come inserire il timer ad una bomba ad orologeria.
La condizione universitaria italiana era pessima, con docenti perennemente assenti e obbligati ad un lavoro di 52 ore totale, liberi dunque, per il resto del tempo, di fare ciò che preferivano. Non c'erano né seminari né esercitazioni, il contatto studente – professore era una pura chimera e quasi tutti gli esami erano orali, con largo uso di valutazioni soggettive. Le borse di studio erano pochissime e non esisteva alcuna forma di sussidio per gli studenti escluse quelle rare borse.
La laurea, del resto, non era certo garanzia di un posto di lavoro. L'Italia aveva avuto sempre un numero eccessivo di diplomati, ma verso la fine degli anni '60 e nel corso dei '70 la situazione andò peggiorando: molte aspirazioni, risvegliate dalle riforme compiute a metà degli anni '60, rimasero insoddisfatte. I figli del ceto medio urbano in espansione sperimentarono una serie di cocenti delusioni: scuole sovraffollate, insegnanti malamente preparati e una società incapace di garantire posti di lavoro adeguati al livello di studio.
Queste erano le basi materiali della rivolta, a cui si aggiungevano quelle di tipo ideologico, di significato ancora più importante. Molti studenti della seconda metà degli anni '60 condividevano assai poco i valori dominanti nell'Italia del miracolo economico: individualismo, potere totalizzante della tecnologia, esaltazione della famiglia e corsa ai consumi. Questo senso di rifiuto trovò terreno fertile nelle minoranze che contestavano le due ortodossie dominanti in Italia: quella cattolica e
quella comunista. Anche all'interno di tali ortodossie si muovevano ondate di contestazione, basti pensare a don Milani e ai Quaderni rossi e i Quaderni piacentini. La congiuntura internazionale degli anni '60 ebbe poi un particolare ruolo. La guerra del Vietnam cambiò, ad esempio, il modo di guardare all'America di una intera generazione di italiani. Il mito dell'America degli anni '50 crolla sotto le vampate di napalm dei villaggi vietnamiti.
La Rivoluzione culturale cinese sembra, nel frattempo, offrire nuove strade al socialismo: in antitesi al modello gerarchico e centralistico sovietico, la rivoluzione cinese fu largamente interpretata in Italia come un movimento di massa, spontaneo e antiautoritario, che muoveva dalla base e non dal vertice.
Gli avvenimenti dell'America del Sud e la morte di Che Guevara nel 1967 munì infine gli studenti del loro principale e più grande eroe.


Tratto da STORIA CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
Valuta questi appunti:

Continua a leggere:

Dettagli appunto:

Altri appunti correlati:

Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:

Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.