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G. De Bosio, F. Rosi e i film sulla guerra


De Bosio
Il terrorista, di Gianfranco De Bosio, parla di un gruppo di partigiani  che compie coraggiose missioni ai danni dei nazi – fascisti, a Venezia, tra il 1943 e il 1944, scatenando rappresaglie sulla popolazione civile. Film complesso, rischiosamente incline all’ambiguità, ma che rappresenta un periodo della nostra storia.
Rosi
Infine, Uomini contro, di Francesco Rosi, del 1970. È giusto morire per la patria? In che tipo di guerra? È partendo da umori come questi che alla famiglia dei film di dibattito civile si aggiunge Uomini Con-tro di Francesco Rosi. Ed è da questa scabrosa interpretazione della guerra ‘15-’18 che si sviluppa, prendendo lo spunto da “Un anno sull’altipiano” di Emilio Lussu, un viaggio nella memoria italiana tut-to nutrito di spiriti contestatori e percorso d’inviti a rivoltarsi contro il principio d’autorità. Per sostenere l’idea che la massa popolare, fatta in maggioranza di contadini e operai, fu portata al macello da u-na delittuosa classe dirigente scesa in guerra a difendere i propri interessi, Rosi realizza un film in cui gli ufficiali superiori sono costantemente contrapposti ai soldati e ai tenenti. Portavoce d’un fanatismo militarista e nazionalista, i primi non esitano a spingere la truppa al massacro. Il film svolge questo assunto in una serie di episodi che, seguendo da vicino il libro di Lussu (se ne di-scosta nel finale), vogliono indurci a riflettere sulla pazzia della guerra attraverso l’analisi del compor-tamento dei personaggi tipici, presi dai due fuochi dei cecchini e della retorica. Ecco, alto su tutti, il generale Leone (Alain Cuny), dipinto come l’anima nera della divisione di fanteria mandata allo sba-raglio durante l’estenuante guerra di posizione. L’uomo è inflessibile, con sé e con gli altri. Sempre in prima linea, disposto a pagare di persona, è convinto che sul campo si conquisti la gloria, e non comprende come qualcuno possa tenere alla vita, se non per viltà. Gli ordini più feroci vengono da lui, un sacerdote del rischio che in nome della disciplina militare, “dolorosa ma necessaria”, coman-da di fucilare gli insubordinati. Un suo maggiore (Franco Graziosi) non è da meno: ordinerà la deci-mazione di un plotone che di fronte al nemico gli ha disobbedito. L’anarchico tenente Ottolenghi (Gian Maria Volontè), invece, ha scelto la strada della ribellione: nauseato da una strage che giudica insensata, arriva ad invitare i soldati a sparare sul generale, il “vero nemico”. Ovviamente cadrà sul campo, e a sua volta sarà passato per le armi il tenente Sassu (Mark Frechette), nel quale è adombra-to lo stesso Lussu: anch’egli ha cominciato la guerra da ardente interventista, ma ora si è rifiutato di comandare il plotone d’esecuzione, né ha impedito ai soldati di sparare sul maggiore. Fra gli altri c’è anche il soldato Marrasi (Alberto Mastino), che più volte ha tentato di disertare, e finalmente, quando stava per raggiungere le linee austriache, è stato falciato dai compagni. Uomini Contro è un film di buon mestiere, con accenti di dolorosa verità, che aiuta ad acquistare co-scienza, di fronte agli ordini ingiusti, del diritto di dire no. Rosi alterna momenti severi e asciutti ad altri spettacolari, soprattutto con la concitazione di molte scene di massa. L’ambientazione, ottenuta “girando” in esterni, fra nude pietraie, è aspra e straziata come si conviene. La fotografia di Pasquale de Santis è livida e cupa. Molto accurata è la ricostru-zione del miserabile paesaggio, trincee di fango e bufere di neve, in cui si trascinano, quando non vanno alla carica, uomini affranti e disperati tra il fragore delle granate .

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