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Cinema dei Telefoni bianchi e cinema decò


Durante gli anni della guerra un gruppo di antifascisti si riunisce nella rivista “Cinema” delineando le linee di tendenza di una nuova poetica cinematografica; il cinema istituzionale di cinecittà si cimenta nel tema della fuga. La guerra non condivisa dai più impone di sottrarsi alla realtà con un cinema di finzione che mostra l’opulenza, lo spreco e la ricchezza a cui l’Italia aspirava e di cui era privata. Cinecittà si impegna a restituire una veridicità assoluta alimentando l’immaginazione collettiva creando un effetto placebo. Dal 1938 al 1943 nella produzione di cinecittà vengono bandite le camicie nere, si parla di cinema dei Telefoni bianchi o cinema dèco che risponde all’esigenza degli italiani di un lavoro stabile con una paga adeguata ed una casa arredata e moderna.  Mille lire al mese (Neufel,1939) Ore 9 lezione di chimica (Mattoli, 1943). Si ignora ogni prescrizione linguistica a favore dell’uso dialettale e l’innesto di parole straniere di moda. E’ il periodo in cui si mostra una ideologia dello spreco che risponde alle speranze dell’italiano medio; lo vedi come sei…lo vedi come sei? (Mattoli, 1939).
Agli inizi degli anni quaranta emerge un gruppo di opere definite “calligrafiche”. Una serie di registi emergenti se cimenta in esercizi di stile che esibiscano la loro cultura letteraria, figurativa e cinematografica; senza pretese ideologiche o pedagogiche intendono affermare l’autonomia espressiva del cinema: quella artistica è l’unica funzione ed assoggetta tutte le altre. Si prende spunto dalla letteratura naturalista francese e russa e dal melodramma ottocentesco, si mostra un fusione dei linguaggi espressivi ed artistici.
Si inseriscono in questo panorama gli esordi di Soldati con Dora Nelson, Piccolo mondo antico, Malombra il suo cinema ha la peculiarità di proporre personaggi femminili dotati di uno spessore psicologico inedito; Chiarini La bella addormentata, La locandiera; Lattuada.

Tratto da STORIA DEL CINEMA ITALIANO di Asia Marta Muci
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