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Cinema italiano anni Sessanta tra boom e crisi


Nel 1960 la produzione esulta per attivi di bilancio mai raggiunti, è il massimo splendore della parabola cinematografica italiana. Successo associato alle cooproduzioni come La dolce Vita, Il generale della Rovere, La grande guerra. Si affrontano gli standard americano anche sul piano del western. Tra il 1964 e 65 inizia un periodo di crisi dovuto alla congiuntura economica sfavorevole, alla concorrenza di un mercato musicale e televisivo e ad una mancata tutela legale. Per far fronte alla crisi la sia della cooperazione resta privilegiata, ma lo stato dal 65 incrementa i tassi sui ricavi riducendo i profitti dei produttori. I criteri di assegnazione dei contributi statali non sempre privilegerà qualità e originalità dei soggetti; si produce un ricambio generazionale e lo stato diventa il primo vero produttore.
La televisione comincia a raccogliere frutti del successo e plasma i gusti del pubblico sui propri canoni anche in ambito cinematografico. Anche il sistema divistico cinematografico perde importanza, inoltre la globalizzazione dei mercati è crescente e vede un fronte nazionale incapace di organizzarsi Negli anni Settanta il cinema aumenta il consumo grazie alla diffusione di videocassette e videoregistratori. Tuttavia il mercato del cinema italiano torna ad essere semplicemente passivo consumatore di prodotto americani.
2. Gli anni sessanta: memorabili annate e prodigiosi raccolti
I primi quattro titoli della classifica di incassi del 1960 sono La dolce vita, Rocco e i suoi fratelli, La ciociara e Tutti a casa. Il 1960 resta un anno mitico. Era il periodo del boom economico e il cinema lavorava con grande libertà creativa ed espressiva: la bottega artigianale di Cinecittà raggiunge il punto più alto della sua creatività.
A sua volta il pubblico è ormai onnivoro, ha raggiunto livelli di alfabetizzazione alti e spinge per esplorare nuovi territori più difformi.
Se il primo dopoguerra concorre alla risemantizzazione del lessico visivo, i sessanta sono gli anni in cui si ha una maggiore sperimentazione, libertà e ricchezza linguistica ad espressiva.
In quest’ottica esordiscono alcuni degli autori più sperimentali del cinema italiano come Tinto Brass, Bernardo Bertolucci, Olmi, Pasolini, Petri, Leone e Bellocchio..
I prodotti sono eccellenti grazie anche all’evoluzione straordinaria delle competenze ad ogni livello di produzione per l’opera di tecnici, sceneggiatori, scenografi, costumisti, autori di musiche, attori, caratteristi, operatori..
Anche le opere delle esordienti son concepite come opere d’autore e create senza preoccuparsi dei condizionamenti produttivi e del destinatario. Tuttavia non rivendicano nessuna particolare rottura o continuità con il cinema de grandi maestri.

Tratto da STORIA DEL CINEMA ITALIANO di Asia Marta Muci
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