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Società e popolo nel cinema italiano anni Sessanta


Visconti decide con Rosso e i suoi fratelli di portare il suo contributo al dibattito sul gigantesco fenomeno dell’emigrazione tra Sud e Nord, il suo cinema appare più refrattario a cogliere spinte d’oltralpe.  Si ricongiunge tuttavia con il romanzo ottocentesco con il grandioso affresco di Il Gattopardo (1963) in cui il regista celebra il passaggio dal vecchio al nuovo mondo celebrando la bellezza e la gioventù come valori assoluti attraverso le figure di Tancredi e Angelica (Alain Delon e Claudia Cardinale). Visconti insegue il rigore formale e l’orchestrazione attenta dei grandi temi della storia, in La caduta degli dei Visconti fa emergere le influenze mutuate dalla collaborazione con Renoir.
Francesco Rosi fin dal suo primo film La sfida (1958) aveva dichiarato di voler mostrare il mondo napoletano dei suoi elementi costitutivi di tragedia culturale.
Da una costola di Visconti discende Franco Zeffirelli sviluppa una doppia carriera di regista lirico e cinematografico prodigandosi a trasporre sullo schermo i capolavori del teatro shakespeariano e i melodrammi. Il regista appare profondamente influenzato dal cinema classico; gira una Bisbetica domata (1960) con Liz Taylor e un Giulietta e Romeo (1968) che corrisponde alla esigenze della produzione americana. Alla fine della sua carriera negli anni Novanta realizzerà Un the con Mussolini (1999) e Callas Forever (2001). Erede delle tipologie viscontiane è anche Mauro Bolognini che attinge dalle fonti letterarie come ispirazione fondamentali e con attenzione particolare alla figura delle donne e il coraggio che dimostravano nell’aspirazione all’ascesa sociale.
De sica in quegli anni mantiene alta la sua produzione, gira La ciociara nel 1960 dal romanzo di Moravia La riffa di Boccaccio e Matrimonio all’italiana 1963. Nel 1961 gira giudizio universale riprendendo i toni grotteschi di Miracolo a Milano. Dopo queste opere inizia il progressivo dissipamento delle sua abilità narrative sottolineati con il distacco da Zavattini. Ma dietro di sé lascia un apporto fondamentale alla commedia italiana; ma tutti gli autori hanno avvertito la sua forte capacità di privilegiare il fattore umano su quello ideologico.
Pierluigi Zampa è ancora nella fase produttiva di successo, tende al grottesco e punta alla realizzazione di commedie morali, si spinge a rappresentare la Sardegna con Una questione di onore.
In questi anni Germi entra nel periodo di suo massimo splendore con il dittico siciliano di Divorzio all’italiana e Sedotta e Abbandonata, spostandosi poi nella cattolico Veneto per raccontare i vizi e i peccati della provincia. Si riconosce uno spirito laico ed una fissazione degli stereotipi regionali; Zampa e Germi raccontano la difficoltà di una religiosità autentica in una società che ha perso tutti i valori.
Anche Lattuada negli anni Sessanta conosce nuovamente un periodo fiorente di produttività.

Tratto da STORIA DEL CINEMA ITALIANO di Asia Marta Muci
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