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La persecuzione sotto Marco Aurelio (161 – 180): nuove forma di spiritualità



Con l'imperatore Marco Aurelio la repressione si fa ancora più dura. Aurelio, nonostante l'immagine che ha lasciato ai posteri, non ha alcuna simpatia per i cristiani, anzi nutre una profonda antipatia per loro. A differenza di Galeno ed Epitteto, rispettivamente suo medico e suo maestro di filosofia, vede la totale assenza di paura della morte dei cristiani senza alcuna bonarietà, giudicandola teatrale e leggera.
Ma non è da vedere tanto in questo il motivo della loro persecuzione quanto nel progressivo allontamento della popolazione romana dal servizio militare, proprio in un momento in cui i barbari premevano ai confini dell'impero. Questa parataxis, come viene definito l'atteggiamento di opposizione frontale alla leva, risulta naturalmente particolarmente odioso nei cristiani.
Giustino muore nel 165. Policarpo nel 166 o 167 a Smirne. Come reagiscono i cristiani? Aumentano la produzione di scritti apologetici che cercando di convincere i romani della loro assoluta lealtà. Risale a questo momento la famosa Apologia di Melitone, il vescovo di Sardi che in questo scritto sostiene la comunanza di destino della Chiesa e dell'Impero, provvidenziale quest'ultimo anche per la salvezza della Chiesa. Troviamo poi la famosa Supplica di Atenagora di Atene che desidera provare l'equilibrio e la lealtà dei cristiani. Atenagora mostra tutta la sua fiducia nella ragione impostando un dialogo moderato e posato che termina appoggiando l'idea della successione dinastica, che poi in effetti si avvererà con Commodo. Il terzo famoso scritto, anonimo, è A Diogneto, che pur contenendo una delle più forti affermazioni dell'estraneità dei cristiani nei confronti del mondo, appare contraddistinto da un atteggiamento di sostanziale lealtà di fronte all'impero: i cristiani partecipano a tutto come cittadini; obbediscono alle leggi stabilite; mantengono il mondo; Dio gli ha dato un posto così nobile che non è loro lecito sottrarvisi.
Appaiono forme di spiritualità segnate dal difficile momento che stava attraversando l'impero.
Gli Atti dei Martiri. Sono di due tipi: o in forma di verbali dei processi condotti contro i cristiani dai magistrati romani, come gli Atti di Giustino; o in forma di lettere inviate da una chiesa all'altra per raccontare le vicende drammatiche della persecuzione come il Martirio di Policarpo. Sono accomunati dall'idea del martirio senza paura, come un evento di salvezza, un dono di grazia, una liturgia sacra. I martiri con la loro idea di regno celeste, con le loro risposte ai magistrati che gli chiedevano nome, nazione e cittadinanza, liquidati con un laconico christianum sum, possiamo considerarli come un vero e proprio primo schieramento militare antimperiale che suscitava le preoccupazioni dell'imperatore.
Gli Encratiti. Di tendenze anarchiche, esprimono la forma più acuta di diffidenza dei cristiani nei confronti del mondo e della carne; quasi un nucleo primordiale di monachesimo. Predicano la continenza sessuale ed alimentare, condannano il matrimonio, adottano uno stile di vita di fuga dal mondo e disprezzo per il corpo. Le origini dell'encratismo derivano forse da una parte dal dualismo etico – escatologico della tradizione giudaica, dall'altra dal dualismo cosmico – antropologico della tradizione platonica. Ireneo non vede di buon occhio questi eccessi, e in lui è forte lo spirito urbano dei romani. Indica come fondatore dell'encratismo Taziano, che vede vicino a Marcione, Valentino e Saturnino. Ma l'encratismo, o per lo meno la sua idea, veniva certo prima di Taziano. L'encratismo non è una eresia, lo diventa solo quando accentua il suo carattere gnostico.
I Montanisti. Hanno una caratterizzazione sicuramente più polemica e politica. La data ufficiale di formazione del movimento montanista è probabilmente quella indicata da Eusebio, tra il 171 e il 172. Conosciamo male il montanismo originario, perchè i suoi scritti erano spesso sotto forma di oracoli di leader raccolti da seguaci come testi ispirati, e sono andati quasi completamente perduti. Pare che nasca da un certo Montano, un profeta frigio che predicava assieme a due donne di nome Priscilla e Massimilla. Il montanismo sembra un revival dell'entusiasmo apocalittico. Si presenta come una nuova profezia che prende spunto dall'Apocalisse di Giovanni quando parla di Gesù che promette di inviare il Paràclito (lo Spirito Santo). In nome di ciò sancisce che la fine del mondo è vicina e invita i suoi seguaci a riunirsi nella valle di Pepuza. Il montanismo è considerato non tanto un movimento dottrinale ed eretico quanto ascetico e profetico, protestatario nei confronti di una Chiesa sempre più secolarizzata.

Tratto da STORIA DEL CRISTIANESIMO di Gherardo Fabretti
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