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Ciro il Grande, la costruzione dell’impero persiano (558-529)

L’eponimo della dinastia di re persiani che porta il suo nome fu Achemene, vissuto intorno al 681; gli succedette il figlio Teispe, che respinse l’invasione degli sciti ed estese il regno, mantenendosi neutrale nella lotta fra l’Elam e gli assiri. Alla sua morte il regno fu diviso tra i due figli Ciro I (640-615) cui fu affidato il regno di Parsumash, e Ariaramne (640-600) che ottenne quello di Ansan. I due piccoli regni ebbero però vita breve: nel 625 furono conquistati dal re dei Medi Ciassare, che li unificò e li affidò al figlio di Ciro, Cambise I. Il regno subì il dominio dei medi fino al 558, quando salì al trono Ciro II, meglio noto come Ciro il Grande. È questo sovrano ad aver trasformato quello che era solo un piccolo regno tribale nel più grande e potente impero del mondo in quel momento (essendo l’unificazione cinese avvenuta solo nel 222 a.C.). 

Pochi anni dopo essere salito al trono, Ciro muoveva già guerra ad Astiage, il potente sovrano dei Medi, ma con poca fortuna: il suo esercito fu costretto a ritirarsi inseguito da quello di Astiage, pronto a ristabilire una volta per tutte l’egemonia dei Medi sui persiani. Tuttavia fu proprio a questo punto che le vicende si capovolsero: una cronaca babilonese contemporanea narra che l’esercito di Astiage si ammutinò ed il sovrano fu portato prigioniero di fronte a Ciro, “che gli lasciò la vita”. Immediatamente dopo i persiani entravano in Ecbatana (l’odierna Hamadan), la capitale del Regno dei Medi, e ne trasportarono il tesoro ad Anzan, la loro capitale. Anche in questa occasione Ciro si rivelò magnanimo: invece di distruggere la città e trucidarne la popolazione (come era costume presso tutti i popoli mesopotamici), egli la lasciò intatta ed anzi la eresse a capitale estiva del regno. Questa capacità di Ciro di non infierire sui popoli sottomessi e anzi di concedere loro la stessa libertà di cui godevano da sovrani, è forse la ragione principale del suo successo. Diversamente dagli assiri, che erano odiati da tutti, i persiani seppero conquistare la pacifica tolleranza, se non addirittura la benevolenza, dei popoli che conquistavano. Come si vedrà fra poco, Babilonia scelse di sottomettersi ai persiani poiché lo valuto più conveniente che l’entrare in guerra contro di essi. 

In ogni caso, con la caduta di Ecbatana i persiani ereditavano i territori del grande Regno dei Medi, diventando improvvisamente una potenza al pari di Babilonia e dell’Egitto. Ma Ciro non piantò a terra la spada: appena tre anni dopo, nel 547, entrava in guerra con il Regno di Lidia, riuscendo infine ad espugnane la capitale, Sardi, e a farne prigioniero il re. Era il 546, e con la conquista del Regno di Lidia, i persiani acquisivano un contatto diretto con il Mediterraneo e l’Egeo, vale adire con la conoscenza e la tecnica delle sviluppate città greche situate lungo la costa turca; anche se giovane, la Persia era ormai la prima vera potenza della regione Medio Orientale. Nei sei anni successivi (545-539), le armate di Ciro sottomisero le tribù a sud-est del Caspio, spingendosi sino a Kabul, la capitale odierna dell’Afghanistan. Si trattava di aree periferiche rispetto ai centri della civiltà, la Mesopotamia e la Valle dell’Indo, ma ugualmente importanti e delle quali era strategico avere il controllo per evitare di essere “presi alle spalle”, come era accaduto ad altri grandi imperi. Così nel 540 Ciro era pronto per il grande salto: Babilonia. 
L’Impero neobabilonese era in quel momento, la più estesa entità statale della regione, controllava l’intero Medio Oriente, esclusi solamente Egitto, Turchia e Iran attuali. Ma ciò che più importava era che controllava le regioni più ricche: la Mesopotamia, la Siria e la Fenicia (la quale sarebbe divenuta il porto dei persiani). Si trattava di un impero ricco e pressoché pacifico,  ma anche minato da lotte interne per il potere. Ciro ebbe anche in questo fortuna: nel momento in cui decise di attaccare, il sovrano babilonese, Nabonedo, era fortemente contrastato dalla classe sacerdotale, che lo accusava di avere origini straniere e di aver usurpato il trono (cosa che non era falsa); così, di fronte all’esercito persiano alle porte, Nabonedo preferì lasciare la città e fuggire (forse per cercare l’appoggio degli egiziani, forse solamente per vigliaccheria). Babilonia ed il suo impero erano quindi senza sovrano, del tutto abbandonati, lasciati a sé stessi, di fronte ai persiani. Consapevole della situazione e conoscendo la magnanimità di Ciro e la sua tolleranza verso le religioni degli altri popoli, Babilonia aprì le porte al re persiano, che poté in questo modo entrare nella città quale nuovo sovrano designato dal Marduk (il principale dio di tutta la Mesopotamia) e non da conquistatore straniero. Appena insediato Ciro resetituì alle varie città della Babilonia le immagini sacre che Nabonedo aveva con pretesti confiscate, e concesse agli ebrei (che erano stati deportati come schiavi in Babilonia in seguito alla ribellione del Regno di Giuda nel 587) di tornare nella loro terra e ricostruire il tempio di Javhè a Gerusalemme. Si comportò insomma in maniera illuminata, non imponendo ai vinti la divinità del vincitore (come sempre accedeva presso i popoli mesopotamici); così egli riuscì a fagocitare pacificamente nel suo impero tutti i vasti possedimenti di Babilonia. A questo punto si dedicò esclusivamente all’organizzazione istituzionale del nuovo impero; si trattava di un lavoro tanto necessario quanto difficile, se si pensa che dalla sua incoronazione nel 558 alla conquista di Babilonia nel 539, vale a dire in soli 18 anni!, il piccolo regno tribale delle origini si era strasformato nel più grande impero del pianeta. 

Si trattava di un evento incredibile, reso possibile da tre elementi fondamentali: la forza militare dei persiani (che evidentemente dovevano essere abili guerrieri); la generosità di Ciro nei confronti dei popoli che sconfiggeva; l’aver conquistato con facilità due grandi imperi (quello dei Medi e quello Neobabilonese) acquisendo così, praticamente in eredità, vastissime regioni senza dover combattere. Ciro il grande morì nel 529; il suo corpo fu trasportato a Pasargade, la capitale persiana, dove fu tumulato in un mausoleo che tutto’oggi, dopo duemilacinquecento anni, ancora ne custodisce le spoglie.

Tratto da STORIA DEL VICINO ORIENTE ANTICO di Lorenzo Possamai
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