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La storia degli ebrei secondo l’archeologia

La storia degli ebrei secondo l’archeologia 

Il racconto della Bibbia suscita il problema del confronto con la documentazione archeologica finora ritrovata e con le altre fonti letterarie ed epigrafiche coeve. Ne emerge che la cronologia biblica è problematica prima del 1000 a.C.; affidabile ma non precisa per tutto il periodo monarchico fino al 700 a.C.; sicura nel periodo successivo. 

Secondo gli archeologi la presenza in Palestina delle tribù di Israele è probabile dal 1220 circa (quando il faraone Merneptah menziona Israele come il nome di gente asiatica che pagò tributi all’Egitto), ed è sicura almeno dal 1100, quando secondo la lista biblica comincerebbe il governo dei giudici. Secondo gli studi attuale, la migrazione in Egitto avvenne fra il 1700 e il 1600 (il periodo in cui l’Egitto fu dominato dagli hyksos, una bellicosa popolazione semitica), ma persistono ancora forti dubbi in proposito. La riduzione in schiavitù deve essere avvenuta agli inizi del XVI secolo e la liberazione ad opera di Mosè è stimata nel XIII secolo (1300-1200). La tradizione narra che Mosè ed il suo popolo vagarono per 40 anni nel deserto prima di giungere nella Terra promessa (che Mosè vide soltanto dal monte Pisgah, nell’attuale Giordania, prima di morire). È pertanto plausibile che gli ebrei arrivassero in Palestina nella seconda metà del XIII secolo. 

Al loro arrivo essi erano guidati da Giosuè (che era stato incaricato da Mosè prima di morire); fu sotto il suo comando che gli ebrei conquistarono l’importante città di Gerico nella Palestina occidentale e da lì sottomisero progressivamente tutte le popolazioni locali. Specialmente i cananei, i moabiti ed i filistei; questi ultimi in particolare avevano costituito lungo la costa un piccolo ma forte regno, comprendente anche l’importante città di Gaza. Nei duecento anni che intercorrono l’arrivo in Palestina e la fondazione del Regno d’Israele gli ebrei furono guidati dai giudici (parola che deriva dall’ebraica shofetim), e si presentavano come una confederazione di dodici tribù. È probabile che la spinta verso la costituzione di uno stato unitario sia stata dovuta alla necessità di riuscire a prevalere in maniera definitiva sui popoli nemici. 

LA COSTITUZIONE DEL REGNO UNITARIO
Il primo fu Re Saul nel 1020, un giudice che con le sue vittorie seppe attirare su di se un notevole consenso (anche se non mancò l’opposizione all’instaurazione di una monarchia unitaria). Egli riuscì a contenere la forza militare dei filistei (che avevano notevolmente ripreso l’iniziativa), ma subì infine una disastrosa sconfitta Gilboa, ove morì in battaglia assieme ai suoi figli. Il secondo re fu Davide (1002-962). Dapprima scudiero di Saul, egli era poi dovuto fuggire della corte del re per evitarne le persecuzioni; aveva vissuto razziando con alcuni compagni per alcuni anni e poi era passato come mercenario al servizio del signore filisteo di Gat. Alla morte di Saul egli seppe abilmente (cioè nonostante il suo temporaneo arruolamento presso i filistei) farsi proclamare Re dalle tribù meridionali di Israele (che erano probabilmente unite in una lega locale). Una serie di intrighi -dei quali è improbabile potesse essere estraneo- determinarono la morte di Eshbaal, l’ultimo dei Saulidi, che era stato eletto re dalle tribù settentrionali. Poco dopo Davide fu unto Re d’Israele.

Appena nominato Davide dovette subito affrontare il problema dei filistei, che però seppe sconfiggere due volte (utilizzando la loro stessa tecnica militare che egli aveva appreso) e riducendone l’area di influenza ad un ristretto territorio lungo la costa. Si trattò di un notevole successo a cui segui la presa della città di Gerusalemme (che si era fino ad allora mantenuta indipendente) e che fu eretta a capitale del Regno. L’attenzione si spostò quindi sui popoli restanti, Edomiti, Moabiti, Ammoniti e Aramei, che furono tutti sottomessi direttamente o tramite protettorati. Il Regno di Davide era insomma diventato una grande potenza regionale: controllava saldamente l’intera Palestina e con un protettorato la Siria meridionale (Aramei) e l’importante città di Damasco.

Gli ultimi anni del regno di Davide furono invero caratterizzati da alcuni contrasti interni, dovuti all’insofferenza di certi settori che rimpiangevano l’antica autonomia delle dodici tribù. Ma troppi erano i vantaggi assicurati dallo stato forte e accentrato costruito da Davide. A queste nostalgie pose comunque seccamente termine Salomone (961-922), il figlio di Davide designato alla successione, nel momento della sua ascesa. Questo sovrano si dedico principalmente alla conservazione dello stato creato dal padre, rafforzandone l’efficienza e la coesione interna e lasciando, ad esempio, che la Siria tornasse ad essere indipendente. Prendendo a modello l’Egitto Salomone riformò l’organizzazione burocratica e l’esercito (implementando l’uso dei carri), favorì l’estrazione mineraria e l’allacciamento di commerci con i fenici e con i centri carovanieri dell’Arabia. Infine fu egli a costruire il Tempio di Gerusalemme, che divenne il simbolo supremo dell’ebraismo antico. Se Davide fu l’artefice militare di Israele, Salomone ne fu l’artefice amministrativo ed economico.

LA DIVISIONE DEL REGNO
Alla morte di Salomone, un suo funzionario esiliato, Geroboamo (922-901), appoggiato dal faraone d’Egitto Sheshonq, seppe far rivivere l’antica divisione mai saldata fra Nord e Sud del paese, ponendosi alla testa di una rivolta separatista. A pretesto della secessione vi fu il rifiuto, opposto dal figlio di Salomone, Roboamo (922-915), che era succeduto sul trono al padre, di accondiscendere al Nord un trattamento fiscale favorevole. Si formò cosi al Nord il Regno di Israele, con Geroboamo, e a Sud il Regno di Giuda, con Roboamo. 

La situazione politica dei due regni fu fin dall’inizio assai differente. Giuda presentava caratteri di maggior stabilità, per la sua fedeltà alla dinastia di Davide e perché comprendeva la città santa di Gerusalemme. In Israele, invece, la nuova monarchia era senza retaggio e il paese era meno coeso perché non si sentiva una nazione come invece il Sud. Inoltre il nord scontava la contiguità lungo al frontiera settentrionale al potente Regno degli aramei in Siria.

Nel periodo successivo Giuda si rafforzò ulteriormente sotto il lungo regno di Asa (913-873), che blocco un blando attacco egiziano e che estese leggermente i proprio confini a danno di Israele (che fu anche per un breve periodo invaso dagli aramei alleati di Asa). Per quest’ultimo le cose cominciarono a migliorare solo con l’ascesa al trono di Omri (876-869) che stipulò una politica di amicizia con il Regno di Giuda e con la Fenicia: suo figlio Acab (867-850) sposò infatti una principessa fenicia, Gezabele, attirandosi, tra l’altro, le accese critiche del profeta Elia, che accusò il trono di empietà per l’unione con una pagana. Queste alleanze tuttavia, unite a dei successi militari ottenuti contro gli aramei, giovarono in maniera notevole all’economia di Israele, che visse il suo periodo più felice dal momento della separazione. 

Il regno di Acab fu caratterizzato dalla ripresa dell’espansionismo degli aramei siriani, che arrivano anche ad assediare la capitale di Israele e dalla continuazione delle polemiche religiose. Acab riuscì comunque a vincere a respingere a più riprese gli aramei e, nel 853, blocco alleandosi a loro, gli assiri nella storica battaglia di Qarqar, che permise ad entrambi i popoli di rimanere indipendenti rispetto agli assiri. Acab morì in battaglia qualche anno più tardi, mentre cercava di riprendere alcuni territori contesi nella Siria meridionale. Otto anni più tardi un eccidio a corte avrebbe portato al trono Yehu (842-815), che appoggiato da alcuni settori dell’ambiente dell’ortodossia religiosa, riuscì a presentarsi non come un usurpatore ma come il delegato da Dio a porre fine all’empietà della corte, colpevole di essersi legata alla Fenicia. I rapporti con le città fenice infatti peggiorarono con la sua salita al trono, così come quelli con il Regno di Giuda. Riprese anche l’espansionismo degli aramei siriani, che strapparono ad Israele diversi territori confinanti e che arrivarono fino al Regno di Giuda, costringendolo a cedere i preziosi tesori del Tempio in cambio della cessazione dell’asse-dio di Gerusalemme. Si trattò dell’ultima incursione degli aramei in Palestina, perché nell’802 essi sarebbero stati ridotti a popolo sottomesso dal re assiro Adadnirari III. Con la Siria fuori gioco gli ebrei vissero il loro ultimo momento di splendore, sotto Gerolamo II (786-746) in Israele e Uzzia (783-742) in Giuda. 

LA FINE DI ISRAELE E LA DECADENZA DI GIUDA
Nel 734, cioè poco dopo la morte di Gerolamo II, il re assiro Tiglatpileser III intraprese una vasta campagna di conquista nella regione siro-palestinese. Gli aramei, già ridotti ad uno stato di semi-vassallaggio non seppero opporre una resistenza adeguata, e neppure ci riuscì il Regno di Israele, che fu facilmente conquistato, mentre Giuda, facendo buon viso a cattivo gioco, si alleava ai nuovi dominatori e riuscendo così a conservare la sua sovranità. 

Nel 722 in Israele, una rivolta per le oppressive condizioni di pace imposte dai vincitori, determinava un nuovo intervento assiro che letteralmente spazzò via dalla storia il Regno settentrionale, i cui territori furono divisi in province e annessi all’Impero assiro e la cui popolazione fu in parte deportata e in parte emigrò volontariamente (diaspora degli ebrei del Regno d’Israele). Gli ebrei rimasti, con gli anni, si fusero agli assiri che immigrarono nella regione e dando vita ai Sammaritani. 

Mentre il Regno di Israele cessava di esistere il Regno di Giuda, con la sua accorta politica estera mirante a non alienarsi il favore degli assiri, seppure in decadenza riusciva a sopravvivere indipendente. Ciononostante fra il 700 e il 600 Giuda fu comunque costretto a rimanere in una posizione di sostanziale sottomissione all’Impero assiro. Nel 609, approfittando della decadenza assira, re Giosa (640-609) guidò una rivolta che però si risolse (forse a causa della sua improvvisa morte in un imboscata) in una vittoria degli egiziani, che transitavano in Palestina per recare soccorso agli assiri in difficoltà nella regione siriana. Essi controllarono direttamente Giuda dal 609 al 598, quando i neobabilonesi di Nabucodonosor II (che erano frattanto divenuti la maggior potenza dell’epoca soppiantando gli assiri), invasero lo Stato ebraico. Nel 587 i neobabilonesi occuparono nuovamente il Regno di Giuda, questa volta ponendo definitivamente fine alla sua esistenza: un parte cospicua della popolazione attiva fu deportata in Babilonia (diaspora dei Giudei), il tempio e la città furono saccheggiati e a governare la regione fu posto un governatore babilonese. È la fine. 

Tratto da STORIA DEL VICINO ORIENTE ANTICO di Lorenzo Possamai
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