I confessori
In verità, il tema della dissimulazione è molto più ampio, veniva praticato da tutti, non solo per ragioni penali, giudiziarie: per la cultura dell'epoca dire la verità è un elemento di brutalità, non è necessario dire la verità soprattutto quando questa è scomoda, produce conflitti; "qui nescit dissimulare, nescit vivere" cioè "chi non sa dissimulare, non sa vivere" ciò significa che il modo di stare insieme in società ha la necessità di una certa dose di dissimulazione. In effetti, i dissimulatori sono quelli che vivono meglio, sono meno spigolosi, non si contrappongono violentemente alle opinioni degli altri; è un tratto di garbo, un modo garbato di porsi in un contesto sociale di fronte e accanto ad altre persone, ciascuna delle quali ha la sua propria verità e nessuno la manifesta, si fa solo in momenti estremi, come quando si è al rogo in punto di morte, anche se poi queste sono le cosiddette verità inconfessabili e inconfessate per tutto il tempo, se non appunto rese possibili nel momento estremo. La dissimulazione è uno spazio riservato a pensieri intimi, inattingibili, cioè non si dicono a nessuno, solo Dio può giudicare su questi.
Nell'inquisizione romana la dissimulazione è un vero e proprio caso di nicodemismo, nel senso che sono cristiani che devono tenere nascoste le loro convinzioni perché non possono dirle dato che differiscono in qualcosa dall'ortodossia di cui gli inquisitori sono i guardiani.
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Dettagli appunto:
- Autore: Federica Palmigiano
- Università: Università degli Studi di Palermo
- Facoltà: Scienze Politiche
- Corso: Mobilità e Diaspore del mondo moderno
- Docente: Giovanna Fiume
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