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Le denunce



Un altro punto dell'inquisizione romana è relativo alle denunce: non si tratta solo di sponte comparentes, ma sono anche altre persone che denunciano di altri. I motivi che spingono a denunciare: la ragione principale della denuncia è il discarico di coscienza: nell'editto di fede troviamo "chi ha fatto o ha visto fare", cioè invita a scaricare la propria coscienza, c'è una complicità del reato anche di chi vi ha assistito, chi è testimone e non lo si denuncia si diventa complici.

L'importanza del discarico di coscienza riguarda sia le persone che hanno commesso il reato sia quelli che lo hanno visto fare. Questa è una ragione che la Chiesa ama sentirsi dire da parte dei denuncianti come motivazione del proprio atto.
C'è anche una seconda motivazione, un secondo aspetto dell'andare a denunciare, quello di evitare a propria volta l'incriminazione, perché se per caso si è stati visti ma non si va a denunciare e c'è un altro testimone, questo va a denunciare sia chi ha commesso sia quello che non ha denunciato. L'inquisizione è quindi un ciclo, effetto domino: da un lato il discarico della coscienza e dall'altro la paura di essere incriminati per un reato non commesso personalmente. Poi ci sono i casi (molti) di vendette personali, di spirito di rivalsa nei confronti di qualcuno: per esempio i litigi familiari sono spesso causa di accuse, denunce, così come i conflitti da datori di lavoro e dipendenti, così come ancora i conflitti all'interno dei membri del clero o dello stesso ordine religioso. Bisogna stare attenti e chi denuncia lo sa perché uno dei casi in cui le denunce non valgono e non possono essere prese in considerazione è quello da parte di testimoni che sono avversi, cioè nemici dell'imputato: l'inimicizia è una ragione che rende la denuncia inutile, la smonta (è una norma della procedura), tanto che tutti, colpevoli e innocenti, dicono dei propri testimoni d'accusa che sono loro nemici: accusano chi li accusa di inimicizia personale e raccontano i vari casi (chi voleva impadronirsi della bottega dell'imputato, chi voleva la casa, chi voleva la moglie). Da un lato l'inimicizia è un elemento deterrente per cui chi denuncia deve pure stare attento che non sia a sua volta accusato e che la denuncia regga all'accusa; dall'altro è una regola che vale in tutto il diritto dell'epoca, sia tribunali laici che cattolici o penale, è che "unus testis, testis nullus": un solo testimone di una cosa è come non averne neanche uno, cioè i giudici non si fidano e non cominciano mai un processo se hanno un solo testimone, perché un testimone da solo non è attendibile e ci vogliono due testimonianze concordanti perché possa essere preso in considerazione il reato in questione. Tuttavia, il Sant'Uffizio sa aspettare e, se ha un solo testimone aspetta tutto il tempo necessario o, ancora meglio mette dentro la cella dell'imputato un compagno incaricato di riferire qualunque cosa quello dica. Quindi la seconda testimonianza se la procurano in casa. La spiata, nonostante ci sia una regola non scritta tra i carcerati secondo cui tutto quello che succede nella cella non deve uscire (non fare la spia tra di loro), viene largamente praticata.

Tratto da STORIA DELL’INQUISIZIONE ROMANA di Federica Palmigiano
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