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L’Albania verso l’indipendenza

Il biennio ’09-’11 è un periodo di ribellione permanente contro i turchi. La sollevazione del 1909 assume un carattere nazionalista grazie alla propaganda di Isa Bolentini contro i Giovani Turchi.
Il sultano è costretto a concedere privilegi ai ribelli, e il suo carisma viene intaccato.
Prima fase della ribellione: la nuova rivolta inizia il 24 marzo 1911. A spingere i ribelli albanesi, oltre alla propaganda, è la stampa italiana. Di fatto la rivolta si svolge così: le bande albanesi attaccano le blockhouses turche provocando qualche morto, la notizia viene ingrandita e le bande aumentano. Le tribù albanesi marciano ed entrano a Tuzi, occupata dai Turchi l’anno prima. Seconda fase: tuttavia sono le divisioni interne a indebolire i ribelli, mentre il governo turco risponde usando volontari albanesi musulmani, e buttandola sulla religione. Dopo la vittoria, la Sublime Porta invia un Pascià con la missione di accordarsi con i capi albanesi, che si sottomettono. L’opinione corrente era che la rivolta fosse stata organizzata dall’Italia. Di fatto l’Italia non vuole intervenire direttamente, ma ha offerto agli albanesi un sostegno politico importante, insieme anche a Sofia e Vienna. Il Montenegro di re Nicola offre un sostegno più visibile, anche se afferma di essere neutrale. Nel frattempo la rivolta aumenta. La seconda fase della ribellione si chiude con l’ingresso del generale Turgut pascià a Scutari (16 aprile).
Terza fase: la guerriglia prosegue, gli albanesi ricevono rinforzi dal sud e nessuna delle due parti è disposta a cedere. Non si riesce a intravedere un chiaro vincitore. Il 1° maggio esce il Manifesto del Comitato centrale degli insorti albanesi che richiede che l’Albania sia unificata, che le scuole albanesi debbano essere mantenute dalla Sublime Porta e che in tempo di pace i soldati combattano per l’Albania e non per i turchi. Allo stesso tempo ance i Malisore avevano fatto una Dichiarazione. Gli Ottomani hanno una reazione forte di fronte a questi documenti. Il 10 maggio il pascià proclama che i ribelli delle montagne hanno cinque giorni per sottomettersi.
Quarta fase: il 15 maggio scade l’ultimatum e riprendono le operazioni contro i ribelli. Scutari viene assediata, e qui Turgut pascià impose regole ferree. L’impero ottomano soffre però un periodo di crisi, interna per il movimento dei Giovani Turchi, ed esterna in quanto ormai sono Montenegro, Italia, Austria e Russia a disapprovare le azioni svolte in Albania. A fine maggio i turchi riescono ad accerchiare i Malisore, ed è solo grazie alle piogge che i questi la scampano. Intanto la questione internazionale spinge la Turchia a sospendere le operazioni in Albania. I Malisore vengono invitati a sottomettersi entro dieci giorni, ma non è una misura rigida, anzi, a causa della pressione austriaca i turchi inaugurano una politica volta a placare gli animi. I dieci giorni scadono ma i ribelli continuano la guerriglia, così la Sublime Porta incarica l’arcivescovo di Scutari di negoziare con i fuggitivi e la questione passa da un ambito militare a un ambito politico.

Tratto da STORIA DELL'ALBANIA CONTEMPORANEA di Giulia Dakli
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