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Considerazioni sul commercio dei Ming

Si è già parlato di rivoluzione commerciale in epoca Song e di grande e ulteriore sviluppo sotto gli Yuan, ma è ora importante cogliere il movimento che avvenne durante i Ming, che fu un ulteriore rivoluzione rispetto al già altro livello raggiunto nelle epoche precedenti. Nel dominio Yuan infatti i maggiori proventi del commercio internazionale finivano nelle tasche degli stranieri, mentre ora erano gli stessi cinesi a gestire il lucrosissimo traffico. La portata del cambiamento è resa dal fatto che pur rimanendo i commercianti all’ultimo posto nella gerarchia sociale, alcuni di loro riuscirono ad accumulare fortune così ingenti da salire di fatto i gradini della scala sociale. Era un fenomeno già iniziato in epoca Song ma ancora saltuario: con i Ming la professione del commercio, per quanto ancora socialmente rischiosa, divenne uno dei canali dell’ascesa sociale. 
Le cause di questa grande rivoluzione commerciale affondano le loro origini remote nei periodi Song e Yuan, e le loro cause prossime nel grande sviluppo agricolo prodotto dalle riforme di Zhu Yuanzhang. L’arrivo delle nuove colture straniere e il commercio con gli Europei ebbero ulteriori effetti virtuosi. Altra causa significativa fu la capillarità del sistema infrastrutturale (strade e canali) realizzato da Tang e Song e reso efficientissimo dagli Yuan, che permise un’espansione del commercio interno di ampiezza paria  quella, straordinaria, del commercio internazionale. 
Il mondo produttivo ne fu ovviamente molto influenzato. Si è già detto della grande crescita demografica delle città: essa fu dovuta anche all’evoluzione in senso industriale di alcuni settori dell’artigianato, come quello della tessitura del cotone, che divenne infatti una delle coltura più diffuse. Le già grandi officine dell’epoca Song, per la fabbricazione delle armi, dei metalli, della polvere da sparo, del sale e di mille altri prodotti di largo consumi, si trasformarono in impianti con centinaia di operai. Il processo di specializzazione regionale assunse livelli chiaramente definiti, con la carta nel Jiangxi, la seta nel Jiangsu, il cotone nell’Hebei, solo per fare alcuni esempi. 
Questo straordinario sviluppo pone automaticamente l’interrogativo del confronto con l’Europa: perché fu quest’ultima a sviluppare il capitalismo e l’industrializzazione e non la Cina, che pure, nel XVII secolo era ancora largamente superiore al Vecchi Continente? Uno sviluppato dibattito in merito, definito sui “germogli del capitalismo” è sorto nella metà del XX secolo nella Cina maoista. Ma la storiografia è ancora bel lontana dal formulare in merito una risposta abbastanza convincente e condivisa. Si rimanda comunque al libero, pagina 460. 
Durante il periodo Ming infine, lo stato abbandonò molti dei monopoli sul commercio che avevano caratterizzato la programmazione economica sotto i Tang e i Song. Tale scelta, più che conseguente ad un cambiamento di orientamento strategico, derivò dalla crescente impossibilità pratica di sostenere i monopoli di stato: il sistema di produzione era ormai troppo esteso (così come gli interessi ad esso collegati) per essere sottoposto a restrizioni. Lo stesso avvenne nella pratica, ma non nella teoria, come abbiamo visto, con le restrizioni sul commercio internazionale. Negli scambi con i barbari le restrizioni furono abolite a seguito delle stesse guerre che i popoli barbarici avevano intrapreso a fini commerciali, mentre con i paesi oltre il mare (Giappone e sud-est asiatico) esse ebbero come unico effetto quello di incentivare la pirateria e di indebolire la marineria cinese rispetto a quella europea. 
Un’ultima precisazione infine: tali restrizioni erano dettate dalla volontà del governo centrale di riuscire a controllare gli scambi commerciali. Ciò veniva ottenuto attraverso il sistema dei tributi, che consisteva in una serie di spedizioni organizzate dallo stato assieme ai mercanti privati che avevano il duplice scopo di favorire lo scambio commerciale e di mantenere ben salde le relazioni diplomatiche con gli stati tributari (in epoca Ming i principali erano: Corea, Vietnam, Birmania, Regni dell’Asia Centrale). Il sistema dei tributi funzionava anche sulle rotte marine, attraverso la selezione dei porti: Canton era predisposto per le rotte con il sud-est asiatico, mentre Ningbo per il Giappone. Tuttavia l’aumento esponenziale del volume degli scambi avevano reso questo sistema ampiamente insufficienze ed, in mancanza di una liberalizzazione del diritto a condurre scambi con l’estero, ai mercanti non rimase altra strada che ricorrere all’illegalità. 

Tratto da STORIA DELLA CINA di Lorenzo Possamai
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