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L’imperatore Wudi

L’ascesa al trono nel 140 a.C. dell’imperatore Wu-Ti segnò un punto di svolta in questa politica. Nel corso del suo regnò, durato oltre cinquant’anni, il governo imperiale riprese l’iniziativa sia sul fronte interno che su quello esterno, in nome di una concezione del potere imperiale che per molti versi ricordava quella grandiosa di Shi Huangdi. In merito al primo, l’imperatore risolse l’eterno conflitto con i re locali emanando un decreto che imponeva, alla morte di ogni re, di dividere il suo governatorato fra tutti i suoi eredi maschi. I governatorati iniziarono quindi a frammentarsi in tante piccole entità sempre più scevre di potere, mentre la carica di re diventava un titolo meramente onorifico. La struttura dell’Impero tornò in poco tempo ad essere accentrata. 
Sul piano esterno il primo obiettivo di Wu-Ti fu di risolvere definitivamente il problema degli Xiongnu. Nel 129 a.C. fu lanciata una massiccia offensiva militare che avrebbe portato due anni dopo alla riconquista dell’Ordos (zona della Mongolia Interna) e all’istituzione nella provincia di due governatorati, con il trasferimento di centomila coloni per popolarli. L’esercito imperiale proseguì quindi la sua campagna verso Ovest, conquistando la regione strategica del Gansu (dove furono istituiti altri governatorati) e costringendo così i Xiongnu a fuggire verso Nord. L’importanza strategica e commerciale dei territori occidentali (pressappoco l’odierno Xinjiang) divenne sempre più chiara al governo imperiale. Mentre si stabilivano strette relazioni diplomatiche con i principati del Bacino del Tarim, un grande corpo di spedizione si spingeva fino alla valle del Ferghana, nell’odierno Uzbekistan per imporre un contratto commerciale. Il dominio Han in Xinjiang non si tradusse comunque in annessioni territoriali dirette: i signori locali mantennero la loro indipendenza, ma dovettero riconoscere l’alta autorità dell’imperatore cinese, inviandogli doni e recandosi periodicamente a rendergli omaggio. Una serie di guarnigioni, sostenute da colonie militari e insediate in punti strategici (per lo Xinjiang passava la via della seta), vigilavano affinché la pace non venisse turbata (101 a.C.). 

Sempre l’intenzione di chiudere i conti con gli Xiongnu determinò la campagna militare in Manciuria. Dal 109 al 106 a.C. l’esercito imperiale conquistò Manciuria meridionale e Corea settentrionale, dove furono istituiti altri quattro governatorati. Dalla corea la cultura cinese si sarebbe diffusa nell’arcipelago giapponese. 
L’espansione verso Sud fu invece con tutta probabilità dettata da ambizioni commerciali; si riteneva infatti che esistesse un passaggio diretto fra le province cinesi di Sud-Ovest (Sichuan e Yunnan) con i territori dell’India; tuttavia in pochi anni la campagna si trasformò in un grande processo di conquista in cui furono annesse all’Impero tutte le attuali province meridionali cinesi (Yunnan, Guangxi, Guangdong, Fujian) oltre al Vietnam settentrionale (piana di Hanoi). Nel 111 a.C. le armate di Wu-Ti sconfissero il regno di Nanyue (“Viet Nam” in lingua vietnamita), sorto nel 207 a.C. al tempo delle operazioni militari di Shi Huangdi ed esteso nei territori della piana di Hanoi, e delle attuali Guangxi e Guangdong. Nel 110 a.C. fu la volta del regno degli Yue di Ming, situato nello Fujian; e nel 109 toccò al regno di Dian, nello Yunnan. L’intera Cina meridionale era ora inglobata nell’Impero, diventato ormai una vera e propria potenza egemone.
Wu-Ti non commise gli errori di Shi Huangdi ed evitò che i grandi costi delle guerre ricadessero sui contadini. Le campagne militari furono finanziate da un lato, riducendo l’autonomia fiscale delle autorità locali accentrando il potere, e dall’altro -e in questo Wudi fu un vero innovatore- tassando i marcanti e coinvolgendo direttamente lo stato nelle attività commerciali più redditizie. I mercanti avevano negli ultimi decenni accumulato enormi fortune speculando sulla coniazione della moneta, sul sale, sul ferro, sui cereali e sulle bevande alcoliche; molti di loro si erano dati all’usura ed ora acquistavano anche i terreni dei contadini indebitati. Wu-Ti istaurò il monopolio statale sulla moneta, sul ferro, sul sale e sull’alcol, con il duplice obiettivo di rinvigorire le casse dello stato e limitare il potere di una categoria sociale sempre più potente e destabilizzante. Questa impostazione dialogava con la politica estera, che divenne sempre più mirata al controllo e allo sfruttamento (da parte dello stato) delle vie commerciali più importanti. 
Se Shi Huangdi (Ying Zheng) fondò l’Impero, si può affermare che Wu-Ti lo rese universale, portando i suoi confini ai limiti del mondo conosciuto e dotandolo di un’ideologia -il confucianesimo, adattato e integrato anche da altre dottrine- che ne ricollegava le origini all’antichità remota. Con Wu-Ti la civiltà cinese uscì definitivamente dal bacino dello Huang He (Fiume Giallo) per imporsi come modello a tutti i popoli confinati. Nonostante tutta l’evoluzione dei secoli successivi, queste idee-forza avrebbero fortemente condizionato il futuro sviluppo dell’Impero. 

Il resto della dinastia Han
L’imperatore Wudi morì nell’87 a.C. e al trono salì suo figlio di appena otto anni. Il governo fu quindi retto dalle alte cariche dello stato che proseguirono sulla strada tracciata da Wu-Ti.  In questi anni era molto acceso il dibattito fra sostenitori della linea realista e della ragion di stato, che appoggiavano la politica economica inaugurata da Wu-Ti (difesa delle frontiere, intervento dello stato nei settori commerciali più redditizi e tassazione dei mercanti) con quella dei confuciani, che invece erano sostenitrici di un approccio fisiocratico e di una politica estera di basso profilo. Anche il regno successivo, quello dell’imperatore Xuandi (73-49 a.C.) fu caratterizzato da questo grande dibattito. Xuandi optò per una politica mista, anche perché durante il suo regnò il problema degli Xiongnu divenne meno stringente: la loro confederazione si era infatti spaccata nel corso di una violenta lotta tribale, dalla quale erano emersi gli Xiongnu meridionali, che si sottomisero agli Han nel 53 a.C., e  gli Xiongnu settentrionali, che furono presto respinti oltre i confini settentrionali della Mongolia. 
Anche i successori di Xuandi adottarono politiche miste, ma durante i loro regni si assistette al progressivo indebolimento delle istituzioni imperiali. I confuciani conquistarono molte delle postazioni chiave, mentre il potere reale stava passando nelle mani degli eunuchi e dei parenti delle imperatrici. La moglie del successore di Xuandi in particolare, riuscì ad impadronirsi del potere effettivo per quasi sessantenni; nel corso di questo periodo suo nipote, Wang Mang, consumò la sua scalata al potere e, dopo la morte degli ultimi eredi di Xuandi nel 5 d.C., riuscì a farsi proclamare reggente e fondare una nuova dinastia nel 9 d.C.. 

Tratto da STORIA DELLA CINA di Lorenzo Possamai
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