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Il concetto di arte figurativa del Rinascimento

Il concetto di arte figurativa del Rinascimento



Passando dal Medioevo al Rinascimento notiamo, anzitutto, come il concetto di arte figurativa subisca una definitiva trasformazione. Leon Battista Alberti è il profeta di una nuova età che comincia con lui. Per la prima volta, nel suo Trattato della Pittura, il concetto di bellezza è messo in intimo rapporto con l'arte figurativa (anche se derivato dall' eurythmia di Vitruvio) nel senso di armonia; ciò che è brutto è invece non armonico. Con l'arte nuova, che partiva da una conscia ed esatta riproduzione della natura, era indispensabile un chiarimento, che l'Alberti dà ponendo come legge suprema la bellezza accanto alla somiglianza.
Il tema è approfondito anche nel De Architectura (nel VI libro, specialmente nei capitoli dal 5 al 7) dove si applica all'eurythmia vitruviana una nuova accezione della definizione della bellezza architettonica: il “concerto” di tutte la parti proporzionalmente legate ad un tutto; la “simmetria”, che è per l'Alberti la legge naturale più perfetta. In Alberti troviamo così la speculazione, in stretta correlazione con Vitruvio, risultante dai rapporti musicali, poi sviluppata in maniera organica dal Rinascimento.
Sempre in confronto col Medioevo, è in qualche modo una novità anche la convinzione che tutta l'arte riposi su leggi e regole ben definite. Il nuovo stile dei palazzi e delle basiliche fiorentine, con la loro ritmica e armonica chiarezza, si “oppongono” agli edifici medievali, irregolari e romantici; lo stesso Alberti, sempre nel De Architectura, finisce per condannare i castelli e le torri della sua Toscana, giudicandoli testimonianze di un periodo confuso e rozzo, senza legge alcuna, assolutamente inadatto al nuovo ideale di civiltà. Insomma, i primi teorici del Rinacimento, Ghiberti e Alberti, mostrano chiaramente la nuova tendenza a voler costringere l'arte entro delle regole, il cui fondamento deve essere la teoria della prospettiva e delle proporzioni. Alberti giunge, addirittura, a sanzionare le opere della tanto amata antichità, giudicate imperfette per difetto di penetrazione prospettica. Su questa base si enuncia il dogma dell'arte come scienza, a cui aderirono compiutamente tutti gli artisti rinascimentali, che non raramente si adoperarono per dare una base scientifica alle loro attività artistiche. Francesco di Giorgio lo fa nella prefazione del suo trattato di architettura; Piero della Francesca, nel suo scritto, dà una vera e propria argomentazione matematica; Luca Pacioli vuole addirittura introdurre la dottrina della prospettiva come quinta scienza nell'antico quadrivio e Antonio Pollaiuolo ne applica i propositi nella rappresentazione delle allegorie tradizionali nella tomba di Sisto IV.
Rimane da chiedersi il perchè di questa perizia scientifica applicata all'arte. Vi si riconosce, probabilmente, un'eredità dell'intellettualismo ancora attivo dall'antichità in poi. Storicamente possiamo spiegarlo con la elevata posizione che occupava la musica fra le arti liberali, massima arte dell'antichità e ancora nel Medioevo tenuta in altissima considerazione.

Tratto da STORIA DELLA CRITICA D'ARTE di Gherardo Fabretti
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