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L'antico sulla cultura, gli anno 80 del XVIII sec. a Roma


È difficile comprendere quale ruolo abbia occupato l’antico in un data cultura. Nel corso del XVIII secolo gli intellettuali europei hanno arricchito la storia del passato con cronosofie e cronologie che hanno portato ad esaltare l’antichità non più come un’epoca compatta ma come un susseguirsi di età e fasi differenziate.
Winckelmann ad esempio contribuì in modo sostanziale a far conoscere, descrivere e interpretare il passato attraverso un sistema articolato; la sua Storia dell’arte delle antichità non è solo un testo di estetica ma contribuì a sostanziare la cognizione che non di arte bensì di arti era formata la storia della cultura visiva ereditata dal passato, era scandita da innumerevoli e stilisticamente ben differenziati periodi artistici, mutuati in relazione alle epoche, ai luoghi, alle condizioni politiche. A partire dalla seconda metà del XVIII secolo iniziarono a uscire pubblicazioni che paragonavano i primordi dell'arte antica con i primordi dell'arte moderna, in comune avevano uno stile semplice e lineare; il medioevo coincide con l'avvento del cristianesimo; la stagione napoleonica, nonostante le esaltazioni della classicità fu molta attenta alle culture medievali. Nel 1779 arriva a Roma Seroux d'Agincourt con l'obbiettivo di completare l'intero ciclo di storia dell'arte, avviata da dove Winckelmann l'aveva troncata. Cominciò a commissionare a molti giovani artisti i disegni di un gran numero di opere medievali. In lui prevale la vocazione storiografica, l'impegno a contribuire ad una storia globale. Seroux intende scrivere una storia dell'arte occidentale del medioevo, di cui è necessario documentarne i monumenti. Nell’’Histoire de l’art si intendeva sottolineare una linea di continuità tra le pitture egizie ed etrusche, le urne funerarie greche, i bassorilievi romani e le catacombe cristiane. Il classico come punto di riferimento che periodicamente si è riproposto agli artisti. L’Histoire de l’arte rappresenta la più diffusa opera di consultazione sull’arte medievale a livello europeo. L’antico si manifestava in molteplici aspetti e un Cantiere come il Casino Borghese ha testimoniato la forza polarizzante
degli innumerevoli modi con cui l’antichità si andava rivelando nella sua diacronia e nella sua geografia. Ma le articolazioni attraverso cui l’antico si svelava, non condizionarono solo i linguaggi; negli anni 80 in particolare ne fu coinvolto anche il rapporto degli intellettuali e delle istituzioni col patrimonio artistico nel suo insieme; salvare la continuità della storia dell’arte accoglierne la molteplicità fu un imperativo imposto non solo dalle tante storie della storia dell’arte, dalla varietà dei modelli che emergevano dagli scavi, dalla ricerca, ma anche da una coeva coscienza che quel patrimonio era dell’umanità, una memoria storica comune che andava conservata, organizzata e comunicata. Una consapevolezza questa che maturò nel corso del XVIII secolo a che trovò nel cantiere per la costruzione del museo Pio-Cementino e nel catalogo di Quirino Visconti un monumento senza eguali destinato a costituire un modello museografico. L’architettura del museo vaticano era stata voluta come contenitore in grado di offrire un nuovo contesto alle statue, tale da evocare gli sazi e la disposizione dei palazzi antichi. Nicchie, colonne binate, pavimenti a mosaico, tutto mirava ad evocare l’architettura del Pantheon, delle Terme, di Villa Adriana, dei Fori. La storiografia contemporanea, a partire dagli anni ’60, si è interrogata sulla possibilità di classificare questa complessa macchina espositiva sotto l’etichetta di neoclassicismo; il prefisso neo implica una fase di ripresa dopo una fase di oblio, il che è un’ingenuità storiografica giustificata da schemi periodizzanti obsoleti.

Tratto da STORIA DELLA CRITICA D'ARTE di Alessia Muliere
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