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La storiografia dell'arte nel resto d'Europa



Ci limitiamo qui a citare il grande tedesco Joachim von Sandrart (1606 - 1688), pittore importante , arcivirtuoso del Barocco Tedesco e autore della Teutsche Academie, tra le più dilgenti, sontuose e pregevoli opere della letteratura artistica. Fu pubblicata a Norimberga e Francoforte tra il 1675 e il 1679, poi in latino nel 1683. La prima parte contiene una introduzione generale alle tre arti, servendosi senza ombra di dubbio della Introduzione del Vasari, del Palladio, del Serlio, dell'Aldovrandi, del poema didascalico del Van Mander e del trattato poligrafo sull'acquaforte di Abraham Bosse. Il fatto che Sandrart si appropri delle espressioni più personali delle sue fonti senza mai citarle, unita alla sua disattenzione, che lo porta a non verificare quanto copiato, crea spesso dei divertenti qui pro quo fatti di assurdi storici. Ma compare anche qualcosa di suo: il 16esimo capitolo del 3 libro, notevolissimo, sulla pittura dell'Asia orientale.
La parte che maggiormente ci interessa è la seconda però, corredata di bei ritratti incisi e contenente le biografie dei maggiori artisti dall'antichità in poi. La sua fonte principale è il Vasari, di cui si serve di solito filtrato dal Van Mander, che è un'altra importante fonte. Le notize di Sandrart rimangono comunque di valore quando trattano dei contemporanei, e talvolta anche di artisti più antichi. A Roma visse i movimenti artistici più vivi e fu in stretti rapporti con la allora colonia artistica che vi fioriva: Domenichino, Pietro da Cortona, Bernini, Poussin. I suoi ricordi personali, dunque, formano un tesoro assai copioso e pregevole. Si diede anche da fare per raccogliere dalla tradizione orale il materiale che riguardava i suoi compratrioti tedeschi, di cui era scarsa la tradizione scritta. Questa parte si conclude con la sua autobiografia.
La terza parte è un primo, notevolissimo, tentativo di museografia generale, basata in parte sulla relazioni di viaggio del medico e numismatico Charles Patin, e soprattutto sulle esperienze dei suoi propri viaggi, che gli consentirono di riferire cose originali e nuove.

Tratto da STORIA DELLA CRITICA D'ARTE di Gherardo Fabretti
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