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Concetto di forza-lavoro in Marx



Ma chiaramente questo non basta: a stabilire il valore di scambio di una merce è anche la quantità di lavoro (considerato come “lavoro umano uguale in astratto) che deve essere impiegata per produrre quella determinata merce. Quindi il lavoro non è concepito come più o meno nobile più o meno faticoso, ma è concepito esclusivamente in termini di forza – lavoro umana. È in virtù di tale lavoro che una merce assume un valore. Ora per stabilire quale merce sia più pregiata (quindi abbia valore di scambio maggiore) oltre alla sua utilità (valore d’uso) si dovrà considerare “quanto lavoro” viene impiegato per costruirla, e questo lavoro viene misurato in base alla sua durata temporale. Ma è chiaro che se un operaio è più pigro di un altro ci metterà più tempo a produrre un oggetto; questo però non vuol dire che la sua merce vale di più di quella prodotta dall’operaio volenteroso. Per durata temporale si intende allora il tempo di lavoro socialmente necessario, in media, in specifiche condizione storiche di produzione. L’errore della società capitalistica però è quello di astrarre dalla merce il lavoro che viene impiegato nella produzione di merce, nel senso che il lavoro viene separato da chi lo compie; in questo modo un oggetto fabbricato dall’uomo è tramutato quasi in una divinità autonoma rispetto a colui che invece ha speso fatica per costruirlo.

Tratto da STORIA DELLA FILOSOFIA CONTEMPORANEA di Carlo Cilia
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