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Hegel. "Vita di Gesù" e religione naturale



Se nel primo scritto egli contrappone il cristianesimo alla religione popolare dando alla seconda maggior peso, nell’altro scritto La vita di Gesù Hegel contrappone il cristianesimo alla religione naturale intendendo con essa quella religione che si costruisce entro i limiti della sola ragione. Questa contrapposizione a lui serve per dimostrare, così come nel caso precedente, una certa degenerazione che si è concretizzata nel cristianesimo. Hegel allora riconduceva la figura di Cristo ad una figura che aveva esortato a stabilire delle massime razionali del tipo: agite in maniera tale che ciò che volete che gli altri facciano, sia valido anche per voi. La domanda che Hegel allora si pone è in che modo il cristianesimo, da religione naturale quale era stata istituita da Cristo sia diventata religione positiva, ossia una religione piena di dogmi, precetti, istituzioni, leggi (quindi qui positivo non è inteso in senso di “buona” ma in senso giuridico quindi organizzata per leggi). Egli risponde a questa domanda nello scritto La positività della religione cristiana (1795). Egli risponde che la causa di questa “degenerazione è da riscontrarsi nell’ambiente ebraico che durante la vita di Gesù non è stato in grado di cogliere l’essenza del suo messaggio. Ed inoltre, afferma Hegel, il limite sta anche nella stessa figura di Gesù: egli stesso ebreo fu condizionato dall’ambiente in cui si trovò a parlare, dalle istituzioni che in quell’ambiente vi erano. Per cui egli utilizzò degli strumenti in modo che potesse essere capito.

Tratto da STORIA DELLA FILOSOFIA CONTEMPORANEA di Carlo Cilia
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