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Husserl e coscienza intenzionale


Ora il problema per Husserl è quello della modalità conoscitiva di queste essenze: tramite l’intuizione? Attraverso un processo analitico? Questo rimane però poco chiaro nel pensiero di Husserl. Ad ogni modo questa impostazione del discorso gli serve per ricondurre la filosofia a scienza rigorosa: solo attraverso le essenza eidetiche si giunge ad un sapere oggettivo. Husserl si accorge però, analizzando la teoria della coscienza, che essa è intenzionale ossia coscienza di qualche cosa: non esiterà allora un soggetto senza un oggetto, un io senza mondo, dunque un io assoluto.
Alla fine della sua vita scrive La crisi delle scienze europee (1937) in cui rivede alcuni presupposti: riflette sulla crisi dell’ideale scientifico europeo su cui egli aveva basato il suo pensiero. In quest’opera infatti egli mostra un’altra faccia: quella scienza è tra le cause delle devastazioni delle culture mondiali, nonostante l’apparente progresso che portano con sé. Rivaluta allora la storia, il nostro divenire. Se prima egli aveva considerato l’essenza l’unico strumento per conoscere l’uomo e il mondo, adesso si rende conto che per capire da dove viene la crisi in tutti i campi e gli aspetti dell’agire umano, bisogna guardare alla sua evoluzione storica.

Tratto da STORIA DELLA FILOSOFIA CONTEMPORANEA di Carlo Cilia
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