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Campanella, condanna, assoluzione e carcere



Va via da Napoli e si trasferisce a Padova dove incontra Galilei, entra in contatto con quell’ambiente veneto “spregiudicato” e approfondisce i suoi studi matematici. È qui che si aggravano le denuncie di eresia ed egli più volte arrestato, torturato e poi rilasciato, è costratto a ritornare alla sua nativa Stilo (agosto 1598). Al suo ritorno in Calabria, ciò che lo aspetta è un ambiente rozzo, dilaniato dalle lotte intestine: egli spinto dall’aspettativa di grandi stravolgimenti naturali e politici, preannunciati secondo il suo punto di vista da oracoli e profezie, decide di preparare una congiura contro l’autorità ma viene presto smascherato. Catturato nella fuga dagli spagnoli, su di lui incombono un’accusa per ribellione e una per eresia. Sottoposto a tortura egli confessa e questo aggrava la sua posizione processuale. Ma questa è la prima di tante mosse che hanno alla base il piano per avere salva la vita. Nella Pasqua del 1600 egli dà fuoco al materasso della sua cella per dimostrare di essere folle. Dopo aver resistito a tutte le torture che ne dilaniarono il corpo in profondità, egli venne dichiarato folle e scampò l’accusa. Ma rimase per più di 25 anni in carcere e da lì partecipò alla vita esterna con diversi interventi scritti in più di un’occasione.

Tratto da STORIA DELLA FILOSOFIA MODERNA di Carlo Cilia
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