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Morale in Spinoza



Le passioni dice Spinoza devono essere considerate con lo stesso metodo geometrico con il quale vengono considerati tutti gli altri modi della sostanza, essendo anch’esse un modo della sostanza unica. L’impulso fondamentale di ogni agire umano, dice Spinoza è lo sforzo (conatus) il perseverare nel suo essere, di conservare se stesso e accrescere la propria potenza. Se riferito alla sola mente tale sforo prende il nome di volontà se riferito anche al corpo prende il nome di appetito. Spinoza abbandona ogni concezione che vede nelle passioni qualcosa di negativo, ma anzi vede in esse qualcosa di costitutivo dell’uomo: da qui prende piede la teoria degli affetti. In quanto l’uomo non ha conoscenza dei suoi affetti egli è completamente passivo nei loro confronti. L’uomo tuttavia ha la capacitò di elaborare una conoscenza adeguata a fargli comprendere la loro intrinseca necessità. È in questo modo che la passione si trasforma in una vera e propria azione. È solo attraverso la ragione che l’uomo coglie ciò che realmente può venirgli utile per accrescere la potenza del suo essere. La ragione tuttavia porterà l’uomo a cogliere l’essenza e il principio di esse che è certamente Dio. Nel momento in cui egli è in grado di cogliere la derivazione del tutto da Dio, prova un amore intellettuale per la divinità che lo discosta da ciò che di superfluo può esserci nella sua vita: le passioni allora non vanno eliminate per giungere a Dio ma anzi vanno prese in seria considerazione, perché strumento per elevarsi a Lui: la beatitudine è la più alta espressione della virtù che risulta essere piena realizzazione delle passioni in vista di qualcosa di più grande.

Tratto da STORIA DELLA FILOSOFIA MODERNA di Carlo Cilia
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